Ripeto che mi pare che troppo spesso non sia chiaro quello che intendiamo.
Ora, per esempio, io chiedevo se è naturale definire il prodotto di 1 o 0 fattori (concetto che da ora in poi, qui, chiamerò “Pro10”) indipendentemente dal fatto che attualmente vi siano in uso definizioni diverse.
Se poi riteniamo che Pro10 sia utile e naturale, DOPO possiamo valutare se è auspicabile che diventi “patrimonio comune”, cioè una “definizione standard (come ho già detto al 5° punto di questo post).
Massimo ha scritto:...E' un po' come se avessero creato i numeri naturali definiti come quelli usuali tranne il numero 5...
Allora sarebbe stato che "1+4" sarebbe da considerarsi una scrittura priva di significato. E in questo contesto altra gente avrebbe potuto trovare interessante introdurre il numero 5, ma inserendolo lo avrebbe dovuto specificare volta per volta..
È vero ..., ma se invece dei naturali avessimo l'insieme dove manca il numero cinque (non come in quello a cui fa riferimento Ivana, dove 4+1=6) non troveresti più “naturale” (e non solo perché è l'insieme dei naturali ...) inserire il 5 nell'insieme, in modo da fargli godere di tante proprietà senza che ne perda alcuna di significativa?
E se alla tua proposta tutti ti rispondessero “No, perché si è definito senza il 5”, non cercheriesti di distinguere ciò che si è fatto da ciò che è più naturale e da ciò che si propone come un utile (anzi: doveroso) cambiamento?
Massimo ha scritto:... La mia interpretazione è paragonabile a quella informatica delle "librerie di function". Se nella libreria manca 0°=1 non puoi omettere di introdurre una function nel testo del programma, altrimenti il programma non gira. In alternativa potresti cambiare la libreria introducendo appunto una function nuova 0°=1 (il che equivale all'accettare tale posizione senza dirlo) e lasciare più "pulito" il testo del programma, purtroppo il programmino non funzionerà nel pc di altra gente...
Sì, mi trovo spesso con gente che non usa OpenOffice, ma solo Windows, e quando invio i miei documenti costoro non sono in grado di leggerli.
Però, POICHÉ SONO CONVINTO DELLA IMMORALITÀ DI QUESTO MONOPOLIO, dove “posso” evito di usare i formati Windows (dove ho comunque a cuore che il destinatario possa leggerli, anche senza potrerli adattare, ne invio anche una copia in formato pdf). In questo modo cerco di promuovere i formati open source, a che loro divengano lo standard. Dire “ma tanto non ci posso fare niente” non aiuta l'evoluzione verso una società più umana e consapevole.
Quindi anche quelle che tu chiami “definizioni universali di potenza” sono solo definizioni che molti (non tutti) utilizzano ora, non “da sempre” e non “per sempre” (questa seconda cosa la penso io).
Credo che la difficoltà che incontrate voi a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di accettare il Pro10 non sia troppo dissimile a quella che hanno incontrato coloro a cui fu iniziomente proposto di accettare
lo zero fra i numeri,
la teoria degli insiemi transfiniti di Cantor,
la teoria della probabilità,
la termodinamica statistica,
i frattali,
il metodo scientifico di Galileo,
...
Ivana ha scritto:...Le due distinte definizioni canoniche: $a^1 = a$
e $a^0$(con a diverso da 0) = 1 sono state poste perché è stato considerato che in base alla definizione canonica di potenza $a^n$(è il prodotto di n fattori tutti uguali ad a) n appartiene a $N$ed è maggiore di 1...
Scusa, Ivana, se continuo a “dissezionarti” ... ma mi pare troppo più chiaro ... e lo faccio solo qui.
Ripeto che la mia proposta di questa discussione riguarda il numero di fattori del prodotto, e la definizione di potenza ne è solo la conseguenza (conseguenza più che coerente e naturale, direi).
Quindi, cambiata la “definizione canonica”, quello che dicevi tu diventa
“in base alla definizione canonica di potenza $a^n$ è il prodotto di n fattori tutti uguali ad a, n appartiene a $N$ e può quindi essere anche 1 o 0”.
Poi non capisco come mai date tutta questa importanza alla continuità di $y^x$ nell'origine O: è così inaccettabile che l'esponenziale abbia un punto di discontinuità in O?
E che cosa ci si guadagna ad avere una funzione continua solo eliminando i punti, anzi: il punto, in cui è discontinua?
Come ho già detto sopra, verrebbe quasi voglia di definire la funzione “parte intera” solo sui numeri non interi ... così sarebbe una funzione continua.
Forse non mi sono spiegato bene, o forse mi sbaglio clamorosamente, ma io non sto cercando di “creare definizioni alternative”, ma di “cercare definizioni vere”, perché probabilmente sono un platonista, come dici tu, ma credo che l'essere platonista riguardi un aspetto di “metamatematica” che fa cambiare l'interpretazione delle definizioni (il mio famoso “perché è vero”), ma non il fatto che quelle definizioni semplifichino e generalizzino la parte della matematica che riguarda il Prod10.
- Non so cosa sia un maverick,
- non mi attira l'idea di discutere con Citrini,
- non mi piace quanto hai riportato di Galois, per il suo distacco dalla verità,
- mi piace la distinzione che fa Polya, ma non condivido né che “il davanti della Matematica è ... aperto a tutti/e” (“Matematica” con l'iniziale maiuscola), altrimenti non sarebbero così comuni gli errori come quello che “dimostra che 0° porta contraddizione” (perché $a^ \left( m-n \right) \; ...$), né che “il suo dietro è ... riservato ai praticanti”: penso che chiunque abbia il coraggio (magari semplicemente perché ce lo porta la sua esperienza di vita) di provare a seguire quello che ha dentro possa trovarvi intuizioni e “verità”, magari “frammentarie” e “informali”.
A questo proposito riporto due aneddoti (che potrei anche avere già scritto ...).
Nella mia esperienza, anche all'università, non ho mai trovato nessuno che fosse stato in grado di riuscire ad immaginarsi la “quarta dimensione”... Però non ho mai trovato nessuno che ci avesse provato!
Io lo feci in quarta liceo (mi sembra), e lo ho più volte riproposto ai miei alunni, spesso a quelli in cui ho solo fatto un'ora di supplenza, e generalmente quasi tutti, in poco tempo, riuscivano a “vederci qualcosa”.
Il mio insegnante di topologia, parlando di “teoria dei nodi”, avrebbe dovuto farne il disegno del nodo trifoglio (il nodo più semplice), ma evitava di farlo perché diceva che non gli riusciva disegnare i nodi. Al che io, dopo avergli ripetutamente proposto di provarci (evidentemente non sono cambiato poi così tanto come dico ...) gli ho chiesto: “Ma non prova a disegnarlo perché non le riesce, o non le riesce perché non ci prova?”.
Lui è rimasto come interdetto, ma mi ha fatto capire che “era possibile che fosse la seconda”...
È vero che spesso abbiamo l'idolatria del “ragionamento logico” che esige una risposta univoca che ci toglie l'onere di doverci assumere la responsabilità della scelta, ma è un'idolatria, appunto: anche se si opta per “non decidere” si è comunque fatta una scelta ... e spesso sbagliata, che ci lascia comunque una sensazione di amaro.
La coerenza della realtà è meno visibile di ciò che si crede.
Per esempio se faccio delle misure fisiche di un fenomeno generalmente vedo che “tornano”, ma se aumento di molto la loro precisione vedo che le cose non sono così precise ... e non perché la realtà non segua le leggi fisiche, ma perché noi non sempre teniamo conto degli attriti, delle superfici sporche, della non perfetta geometria dei corpi, dell'azione dell'aria, delle cariche elettriche presenti, dell'umidità, delle differenze di temperatura, di parti magnetizzate, ....
Ma che cosa c'entra tutto questo con la nostra discussione?
Io intendevo dire che se si resta attaccati a "poiché si è detto questo (per esempio che $a \ne 0$) allora non si può che fare quest'altro (per esempio considerare assurdo estendere ad a=0)" ...
... hem, smetto qui ...
Anzi, forse conviene smettere la discussione: non mi pare che sia servita a granché, e per ora non vedo probabili sviluppi positivi in questo senso.