Cosa è per voi un teorema?
Moderatori: Gianfranco, Bruno
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mi rendo conto di aver buttato là un po' di argomenti senza spiegare ...
comincio con quello che ora ricordo "a braccio": per le fonti precise e circostanziate, rimando se necessario ad un successivo post
allora, diamo per scontate una serie di nozioni di "logica matematica", come i concetti di proposizione e di operatori logici (spesso chiamati Booleani): and, or, not fra i più usati
più in particolare, il concetto che ho introdotto nelle mie elucubrazioni qui sopra è il seguente:
definiamo l'operatore "=>" (implicazione) fra due proposizioni logiche, in modo tale che:
1) date 2 proposizioni A e B, l'espressione A => B è anch'essa una proposizione logica
2a) se A è vera e B è vera allora A => B è VERA
2b) se A è falsa e B è falsa allora A => B è VERA
2c) se A è falsa e B è vera allora A => B è VERA
2d) se A è vera e B è falsa allora A => B è FALSA
esempio:
“se piove allora ci sono nuvole in cielo“
ponendo:
A=piove
B=ci sono nuvole in cielo
possiamo scrivere "A => B" e dire (secondo la comune esperienza) che questa ultima espressione è VERA per qualsiasi valore in (VERO, FALSO) degli elementi A,B
per un riferimento formale, vedi p.es. http://it.wikipedia.org/wiki/Implicazione_logica
tornando ai nostri numeri primi, sappiamo che ponendo:
A = 7 è un numero primo maggiore di 2 (vero)
B = 7 è dispari (vero)
A => B risulta VERA (ogni numero primo > 2 è dispari !)
possiamo inoltre scrivere (con un "salto" logico che non sto qui a sottolineare)
A = n è un numero primo > 2
B = n è dispari
A => B risulta VERA $\forall n \in N$
e quindi anche per n=6
in questo caso (n=6) A è FALSA (6 non è primo), B è FALSA, ma
A => B continua ad essere VERA !
per n=9 A è FALSA (9 non è primo), B è VERA, ma
A => B continua ad essere VERA !
spero con questo di aver dato un piccolo contributo di chiarezza a quanto affermavo nei miei commenti precedenti
comincio con quello che ora ricordo "a braccio": per le fonti precise e circostanziate, rimando se necessario ad un successivo post
allora, diamo per scontate una serie di nozioni di "logica matematica", come i concetti di proposizione e di operatori logici (spesso chiamati Booleani): and, or, not fra i più usati
più in particolare, il concetto che ho introdotto nelle mie elucubrazioni qui sopra è il seguente:
definiamo l'operatore "=>" (implicazione) fra due proposizioni logiche, in modo tale che:
1) date 2 proposizioni A e B, l'espressione A => B è anch'essa una proposizione logica
2a) se A è vera e B è vera allora A => B è VERA
2b) se A è falsa e B è falsa allora A => B è VERA
2c) se A è falsa e B è vera allora A => B è VERA
2d) se A è vera e B è falsa allora A => B è FALSA
esempio:
“se piove allora ci sono nuvole in cielo“
ponendo:
A=piove
B=ci sono nuvole in cielo
possiamo scrivere "A => B" e dire (secondo la comune esperienza) che questa ultima espressione è VERA per qualsiasi valore in (VERO, FALSO) degli elementi A,B
per un riferimento formale, vedi p.es. http://it.wikipedia.org/wiki/Implicazione_logica
tornando ai nostri numeri primi, sappiamo che ponendo:
A = 7 è un numero primo maggiore di 2 (vero)
B = 7 è dispari (vero)
A => B risulta VERA (ogni numero primo > 2 è dispari !)
possiamo inoltre scrivere (con un "salto" logico che non sto qui a sottolineare)
A = n è un numero primo > 2
B = n è dispari
A => B risulta VERA $\forall n \in N$
e quindi anche per n=6
in questo caso (n=6) A è FALSA (6 non è primo), B è FALSA, ma
A => B continua ad essere VERA !
per n=9 A è FALSA (9 non è primo), B è VERA, ma
A => B continua ad essere VERA !
spero con questo di aver dato un piccolo contributo di chiarezza a quanto affermavo nei miei commenti precedenti
Perché nella vita quotidiana "vediamo" così tanta materia e così poca antimateria ?
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e la cosa "divertente" (che ha fatto impazzire parecchi logici) è che non tutte le proposizioni "vere" (in un certo sistema logico) sono anche dimostrabili (nel medesimo sistema): può valere che per alcuni sistemi logici riesco a dimostrare (di poter dimostrare) tutte le proposizioni vere, ma ci sono (infiniti) sistemi logici in cui non posso dimostrare TUTTE le preposizioni vere
e non sono sistemi "strani", ma molto comuni ed usati ad es. la comune aritmetica che tutti ben conosciamo
(vedi Primo Teorema di Incompletezza di Gödel)
e non sono sistemi "strani", ma molto comuni ed usati ad es. la comune aritmetica che tutti ben conosciamo
(vedi Primo Teorema di Incompletezza di Gödel)
Perché nella vita quotidiana "vediamo" così tanta materia e così poca antimateria ?
Beh, su questo mi trovo in disaccordo: se possiamo chiamare teoremi le seguenti frasi:Gianfranco ha scritto:D(3) -> P(3)
E' un'implicazione in cui l'antecedente è vero e il conseguente è vero, perciò è vera.
Se è vera, esiste una dimostrazione di cui essa è l'ultima proposizione.
Quindi è un teorema. Un teorema di cui bisognerebbe vergognarsi, ma pur sempre un teorema.
E' un teorema di quelli della serie:
Se Roma è la capitale d'Italia, allora il tavolo della mia cucina ha 4 gambe.
1) Se 3 è dispari allora è primo,
2) Se Roma è la capitale d'Italia, allora il tavolo della mia cucina ha 4 gambe,
3) $\mathbb{C}$ è algebricamente chiuso,
allora perché il teorema 3) dovrebbe avere più diritti di esistere o di essere chiamato teorema rispetto ai teoremi 1) e 2) ? Io credo che questi tre teoremi abbiano gli stessi diritti. Eventualmente si potranno ordinare per importanza (che è una cosa altamente soggettiva), ma l'importanza non influisce sulla loro validità.
Ordinandoli per bellezza, penso che vincerebbe il teorema 2)!
Ciao ciao
"Oh! But I have been blind- blind. Complex, I have said?
Complicated? Mais non. Of a simplicity extreme - extreme.
And miserable one that I am, I saw nothing - nothing."
(Peril At End House)
Complicated? Mais non. Of a simplicity extreme - extreme.
And miserable one that I am, I saw nothing - nothing."
(Peril At End House)
Mi intrometto solo un attimo in questa discussione più filosofica che ricreativa (almeno per quelle che sono le mie competenze).
La mia professoressa di Analisi I ci fece una testa tanto all'inizio del corso su condizioni necessarie, sufficienti, necessarie e sufficienti.
Nel secondo caso il fatto che Roma sia la capitale d'Italia non è una condizione nè necessaria nè sufficiente (il tavolo può avere 3 gambe oggi con Roma capitale o poteva averne 4 quando la capitale era ancora Torino).
Nel caso del teorema di Pitagora (per citare il più noto) il fatto che il triangolo sia rettangolo è condizione necessaria e sufficiente perchè la somma del quadrato dei cateti sia pari al quadrato dell'ipotenusa (e viceversa).
Beh! vi lascio qui (forse ho scritto solo fesserie) ma continuo a seguire l'interessante discussione.
P.S. Il terzo teorema citato da Tino non l'ho commentato perchè proprio non lo capisco!
ciao
La mia professoressa di Analisi I ci fece una testa tanto all'inizio del corso su condizioni necessarie, sufficienti, necessarie e sufficienti.
Nel primo caso direi che il fatto di essere dispari e superiore a 2 è una condizione necessaria ma non sufficiente per poter considerare primo un numero.Tino ha scritto: 1) Se 3 è dispari allora è primo,
2) Se Roma è la capitale d'Italia, allora il tavolo della mia cucina ha 4 gambe,
Nel secondo caso il fatto che Roma sia la capitale d'Italia non è una condizione nè necessaria nè sufficiente (il tavolo può avere 3 gambe oggi con Roma capitale o poteva averne 4 quando la capitale era ancora Torino).
Nel caso del teorema di Pitagora (per citare il più noto) il fatto che il triangolo sia rettangolo è condizione necessaria e sufficiente perchè la somma del quadrato dei cateti sia pari al quadrato dell'ipotenusa (e viceversa).
Beh! vi lascio qui (forse ho scritto solo fesserie) ma continuo a seguire l'interessante discussione.
P.S. Il terzo teorema citato da Tino non l'ho commentato perchè proprio non lo capisco!
ciao
Franco
ENGINEER
noun. (en-juh-neer)
someone who does precision guesswork based on unreliable data provided by those of questionable knowledge.
See also wizard, magician
ENGINEER
noun. (en-juh-neer)
someone who does precision guesswork based on unreliable data provided by those of questionable knowledge.
See also wizard, magician
Per quello che contano le affermazioni non dimostrate, dico anch'io la mia.
Si sa che non conosco le definizioni ufficiali, ma vado molto “a braccio”, interpretando quella che è la mia esperienza.
1° Tino ha scelto il titolo «Cosa è per voi un teorema? », ma poi dice: «A me fa comodo pensarlo come "proposizione vera". A voi? », con ciò facendo una domanda affatto diversa.
Io rispondo alla prima (ma se devo provare a rispondere anche alla seconda, supponendo che debba dimostrare un teorema, posso proporre «una cosa facilissima da dimostrare»).
2° Più o meno concordo con quanto ha detto crazydiamond, ma io sostituirei “dimostrabile” con “dimostrata”, anche se questo complica tantissimo la definizione formale, perché inserisce il concetto di “tempo”: ciò che oggi non è un teorema potrebbe esserlo domani, e questo, per esempio, per distinguere fra “teorema” e “congettura”.
3° Mi è piaciuta molto la dimostrazione di Panurgo che «"se 3 e' dispari allora è primo" è un teorema» (ma non ho visto la definizione linkata).
Non condivido invece il fatto che «"se x allora VERO" non è un teorema», che sicuramente deriva dalla diversa definizione usata.
4° Gianfranco è sempre ineccepibile.
... anche se a dire il vero del suo “non teorema” «"se x e' dispari allora x e' primo"» conoscevo una dimostrazione, che riporto (dicevano i matematici che era una dimostrazione “dei fisici”): si dimostra per induzione: “1” ... beh, 1 è un caso molto particolare, nemmeno si sa bene se è primo o no; “3”: è primo; “5”: è primo; “7”: è primo; “9”: ... non è primo, ???; “11”: è primo; “13”: è primo; ... allora tutti i numeri dispari sono primi; “9”: errore sperimentale.
5°
(E potremmo discutere sul fatto che al tempo di “Torino capitale” il tavolo, che forse non c'era, avesse quattro gambe.)
In conclusione:
Io definirei così un teorema (praticamente è la stessa di crazydiamond):
«Dato un qualsiasi insieme di assiomi A, un teorema in A è una qualunque proposizione dimostrata (vera)»
Ovviamente sto parlando di ciò che si intende per “teorema” oggi, non al tempo di Talete” o prima, o in un futuro, ma solo con le nostre formalizzazioni.
Si sa che non conosco le definizioni ufficiali, ma vado molto “a braccio”, interpretando quella che è la mia esperienza.
1° Tino ha scelto il titolo «Cosa è per voi un teorema? », ma poi dice: «A me fa comodo pensarlo come "proposizione vera". A voi? », con ciò facendo una domanda affatto diversa.
Io rispondo alla prima (ma se devo provare a rispondere anche alla seconda, supponendo che debba dimostrare un teorema, posso proporre «una cosa facilissima da dimostrare»).
2° Più o meno concordo con quanto ha detto crazydiamond, ma io sostituirei “dimostrabile” con “dimostrata”, anche se questo complica tantissimo la definizione formale, perché inserisce il concetto di “tempo”: ciò che oggi non è un teorema potrebbe esserlo domani, e questo, per esempio, per distinguere fra “teorema” e “congettura”.
3° Mi è piaciuta molto la dimostrazione di Panurgo che «"se 3 e' dispari allora è primo" è un teorema» (ma non ho visto la definizione linkata).
Non condivido invece il fatto che «"se x allora VERO" non è un teorema», che sicuramente deriva dalla diversa definizione usata.
4° Gianfranco è sempre ineccepibile.
... anche se a dire il vero del suo “non teorema” «"se x e' dispari allora x e' primo"» conoscevo una dimostrazione, che riporto (dicevano i matematici che era una dimostrazione “dei fisici”): si dimostra per induzione: “1” ... beh, 1 è un caso molto particolare, nemmeno si sa bene se è primo o no; “3”: è primo; “5”: è primo; “7”: è primo; “9”: ... non è primo, ???; “11”: è primo; “13”: è primo; ... allora tutti i numeri dispari sono primi; “9”: errore sperimentale.
5°
Non condivido: evidentemente la condizione è sufficiente, perché il teorema è vero, anche se non è necessaria.franco ha scritto:Nel secondo caso il fatto che Roma sia la capitale d'Italia non è una condizione nè necessaria nè sufficiente (il tavolo può avere 3 gambe oggi con Roma capitale o poteva averne 4 quando la capitale era ancora Torino).
(E potremmo discutere sul fatto che al tempo di “Torino capitale” il tavolo, che forse non c'era, avesse quattro gambe.)
In conclusione:
Io definirei così un teorema (praticamente è la stessa di crazydiamond):
«Dato un qualsiasi insieme di assiomi A, un teorema in A è una qualunque proposizione dimostrata (vera)»
Ovviamente sto parlando di ciò che si intende per “teorema” oggi, non al tempo di Talete” o prima, o in un futuro, ma solo con le nostre formalizzazioni.
Gaspero
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Tino, hai scritto:
Comunque, in particolare, io concordo con questa tua affermazione:
quello che vi ha detto la tua professoressa di Analisi è sacrosanto, però, dal punto di vista strettamente logico-matematico, una implicazione del tipo:
A -> B
NON richiede NECESSARIAMENTE che A esprima delle condizioni affinchè B sia vero.
Di solito, ovviamente, è così, come ad esempio nell'implicazione:
f(x) è derivabile -> f(x) è continua (in un punto) (spero di non sbagliare)
A volte, tuttavia, uno può inventarsi degli esempi strani (e inutili?) in cui non è così, come ad esempio nell'implicazione:
3 è dispari -> 3 è primo
Vi faccio notare che le proposizioni:
3 è dispari
3 è primo
NON sono funzioni proposizionali ma SONO già di per sé proposizioni vere, ossia teoremi dell'aritmetica.
A puro titolo di curiosità, in un momento di delirio, ho scritto una dimostrazione formale di:
3 è dispari -> 3 è primo
La riporto qui sotto, ma non ditelo a nessuno. Vi preannuncio che sembra un math-joke ma non lo è.
Prima di tutto devo specificare a quale teoria assiomatica faccio riferimento. Esistono molte assiomatizzazioni della logica proposizionale, tutte equivalenti. Riporto qui sotto una scansione di quella che utilizzerò.
Mi serve inoltre un'assiomatizzazione dell'aritmetica, necessaria per dimostrare i due teoremi:
D(3) = 3 è dispari
P(3) = 3 è primo
Questa la ometto perché spero che tutti conosciate la questione. Comunque va bene quella di Peano.
---------------
Si deve dimostrare che:
D(3) -> P(3)
Ed ecco la dimostrazione.
1) .
2) .
3) .: (al posto di questi puntini c'é la dimostrazione di P(3))
4) .
5) .
6) P(3)
7) (P(3) -> (D(3) -> P(3)): ho usato lo schema di assiomi A1
8) D(3) -> P(3): ho applicato il modus ponens usando la 6) e la 7)
C.V.D.
---------------
Forse vi sembrerà strano, ma non c'è neppure bisogno di dimostrare che 3 è dispari, D(3), per concludere il teorema!
Quando si usa una teoria assiomatica non è necessario definire i connettivi con le tavole di verità perché sono gli assiomi stessi che definiscono i connettivi.
Tuttavia, usando le tavole di verità, si può dare un senso all'assioma A1:
A -> (B -> A)
il quale significa: se A è Vero, allora qualunque proposizione B, Vera o Falsa che sia, implica A.
---------------
Gaspero, hai scritto:
Io, però, a costo di ripetermi, TOGLIEREI "(vera)" perché "dimostrata" ha poco a che fare con "vera". In matematica. Magari nelle altre scienze non è così.
(Quasi) Tutta la matematica nota è dimostrata, ma di quanta matematica si può dire che è "vera"?
Gianfranco.
Ho letto la tua motivazione ma non vedo alcun disaccordo importante con ciò che avevo scritto."Beh, su questo mi trovo in disaccordo..."
Comunque, in particolare, io concordo con questa tua affermazione:
Franco,"Io credo che questi tre teoremi abbiano gli stessi diritti. Eventualmente si potranno ordinare per importanza (che è una cosa altamente soggettiva), ma l'importanza non influisce sulla loro validità."
quello che vi ha detto la tua professoressa di Analisi è sacrosanto, però, dal punto di vista strettamente logico-matematico, una implicazione del tipo:
A -> B
NON richiede NECESSARIAMENTE che A esprima delle condizioni affinchè B sia vero.
Di solito, ovviamente, è così, come ad esempio nell'implicazione:
f(x) è derivabile -> f(x) è continua (in un punto) (spero di non sbagliare)
A volte, tuttavia, uno può inventarsi degli esempi strani (e inutili?) in cui non è così, come ad esempio nell'implicazione:
3 è dispari -> 3 è primo
Vi faccio notare che le proposizioni:
3 è dispari
3 è primo
NON sono funzioni proposizionali ma SONO già di per sé proposizioni vere, ossia teoremi dell'aritmetica.
A puro titolo di curiosità, in un momento di delirio, ho scritto una dimostrazione formale di:
3 è dispari -> 3 è primo
La riporto qui sotto, ma non ditelo a nessuno. Vi preannuncio che sembra un math-joke ma non lo è.
Prima di tutto devo specificare a quale teoria assiomatica faccio riferimento. Esistono molte assiomatizzazioni della logica proposizionale, tutte equivalenti. Riporto qui sotto una scansione di quella che utilizzerò.
Mi serve inoltre un'assiomatizzazione dell'aritmetica, necessaria per dimostrare i due teoremi:
D(3) = 3 è dispari
P(3) = 3 è primo
Questa la ometto perché spero che tutti conosciate la questione. Comunque va bene quella di Peano.
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Si deve dimostrare che:
D(3) -> P(3)
Ed ecco la dimostrazione.
1) .
2) .
3) .: (al posto di questi puntini c'é la dimostrazione di P(3))
4) .
5) .
6) P(3)
7) (P(3) -> (D(3) -> P(3)): ho usato lo schema di assiomi A1
8) D(3) -> P(3): ho applicato il modus ponens usando la 6) e la 7)
C.V.D.
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Forse vi sembrerà strano, ma non c'è neppure bisogno di dimostrare che 3 è dispari, D(3), per concludere il teorema!
Quando si usa una teoria assiomatica non è necessario definire i connettivi con le tavole di verità perché sono gli assiomi stessi che definiscono i connettivi.
Tuttavia, usando le tavole di verità, si può dare un senso all'assioma A1:
A -> (B -> A)
il quale significa: se A è Vero, allora qualunque proposizione B, Vera o Falsa che sia, implica A.
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Gaspero, hai scritto:
Concordo con la tua definizione che in pratica è anche la mia (quella formale) e perciò, IN PRATICA, siamo tutti d'accordo."Io definirei così un teorema (praticamente è la stessa di crazydiamond):
«Dato un qualsiasi insieme di assiomi A, un teorema in A è una qualunque proposizione dimostrata (vera)» "
Io, però, a costo di ripetermi, TOGLIEREI "(vera)" perché "dimostrata" ha poco a che fare con "vera". In matematica. Magari nelle altre scienze non è così.
(Quasi) Tutta la matematica nota è dimostrata, ma di quanta matematica si può dire che è "vera"?
Gianfranco.
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Mi trovavo in disaccordo con la tua affermazioneGianfranco ha scritto:Tino, hai scritto:
Ho letto la tua motivazione ma non vedo alcun disaccordo importante con ciò che avevo scritto."Beh, su questo mi trovo in disaccordo..."
perché, come ho esposto nella motivazione, secondo me non ci sono teoremi di cui bisognerebbe vergognarsi (qualunque senso ciò abbia).Un teorema di cui bisognerebbe vergognarsi, ma pur sempre un teorema.
CavoloA puro titolo di curiosità, in un momento di delirio, ho scritto una dimostrazione formale di:
3 è dispari -> 3 è primo
La riporto qui sotto, ma non ditelo a nessuno. Vi preannuncio che sembra un math-joke ma non lo è.
Prima di tutto devo specificare a quale teoria assiomatica faccio riferimento. Esistono molte assiomatizzazioni della logica proposizionale, tutte equivalenti. Riporto qui sotto una scansione di quella che utilizzerò.
Mi serve inoltre un'assiomatizzazione dell'aritmetica, necessaria per dimostrare i due teoremi:
D(3) = 3 è dispari
P(3) = 3 è primo
Questa la ometto perché spero che tutti conosciate la questione. Comunque va bene quella di Peano.
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Si deve dimostrare che:
D(3) -> P(3)
Ed ecco la dimostrazione.
1) .
2) .
3) .: (al posto di questi puntini c'é la dimostrazione di P(3))
4) .
5) .
6) P(3)
7) (P(3) -> (D(3) -> P(3)): ho usato lo schema di assiomi A1
8 ) D(3) -> P(3): ho applicato il modus ponens usando la 6) e la 7)
C.V.D.
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Forse vi sembrerà strano, ma non c'è neppure bisogno di dimostrare che 3 è dispari, D(3), per concludere il teorema!
Scusa ma non ho capito un'acca. Che significa "al posto dei puntini"? Cosa stanno ad indicare i puntini?
Se la spiegazione è troppo lunga, non importa
Ciao ciao
"Oh! But I have been blind- blind. Complex, I have said?
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Tino,
ah, ho capito il motivo del disaccordo. La mia era soltanto una battuta che sono pronto a ritirare (cioè cancellare) subito!
Cosa ci sta al posto dei puntini?
Ci sta la dimostrazione (formale in una assiomatizzazione dell'aritmetica) di P(3), cioè del teorema "3 è un numero primo".
Purtroppo queste dimostrazioni formali, proprio perché sono "formali" richiedono di definire "formalmente" la teoria, e di esprimersi soltanto con simboli e regole. Non me la sento di fare tutto ciò. Non è difficile, ma è irto di insidie. Dovrei andare a ristudiare un sacco di cose e ora purtroppo non ho tempo.
Comunque possiamo sostituire i puntini con una dimostrazione "rigorosa" ma non "formale" che 3 è un numero primo.
Quindi la mia dimostrazione diventa:
Si deve dimostrare che:
D(3) -> P(3)
Dimostrazione. (ho apportato qualche modifica)
1) 1 divide 3
2) 2 non divide 3
3) 3 divide 3
4) qualunque numero naturale maggiore di 3 non divide 3
5) 3 ha solo due divisori (naturali) distinti che sono 1 e 3: deriva da 1), 2), 3), 4)
6) 3 è un numero primo: ho applicato la definizione di numero primo
7) P(3): è un modo abbreviato di scrivere la 6)
8) (P(3) -> (D(3) -> P(3)): ho usato lo schema di assiomi A1
9 ) D(3) -> P(3): ho applicato il modus ponens usando la 6) e la 7)
C.V.D.
Spero che così sia tutto più chiaro.
Gianfranco
ah, ho capito il motivo del disaccordo. La mia era soltanto una battuta che sono pronto a ritirare (cioè cancellare) subito!
Cosa ci sta al posto dei puntini?
Ci sta la dimostrazione (formale in una assiomatizzazione dell'aritmetica) di P(3), cioè del teorema "3 è un numero primo".
Purtroppo queste dimostrazioni formali, proprio perché sono "formali" richiedono di definire "formalmente" la teoria, e di esprimersi soltanto con simboli e regole. Non me la sento di fare tutto ciò. Non è difficile, ma è irto di insidie. Dovrei andare a ristudiare un sacco di cose e ora purtroppo non ho tempo.
Comunque possiamo sostituire i puntini con una dimostrazione "rigorosa" ma non "formale" che 3 è un numero primo.
Quindi la mia dimostrazione diventa:
Si deve dimostrare che:
D(3) -> P(3)
Dimostrazione. (ho apportato qualche modifica)
1) 1 divide 3
2) 2 non divide 3
3) 3 divide 3
4) qualunque numero naturale maggiore di 3 non divide 3
5) 3 ha solo due divisori (naturali) distinti che sono 1 e 3: deriva da 1), 2), 3), 4)
6) 3 è un numero primo: ho applicato la definizione di numero primo
7) P(3): è un modo abbreviato di scrivere la 6)
8) (P(3) -> (D(3) -> P(3)): ho usato lo schema di assiomi A1
9 ) D(3) -> P(3): ho applicato il modus ponens usando la 6) e la 7)
C.V.D.
Spero che così sia tutto più chiaro.
Gianfranco
Ultima modifica di Gianfranco il ven ago 24, 2007 3:29 pm, modificato 1 volta in totale.
Sì, hai ragione.Gianfranco ha scritto: Gaspero, hai scritto:Concordo con la tua definizione che in pratica è anche la mia (quella formale) e perciò, IN PRATICA, siamo tutti d'accordo."Io definirei così un teorema (praticamente è la stessa di crazydiamond):
«Dato un qualsiasi insieme di assiomi A, un teorema in A è una qualunque proposizione dimostrata (vera)» "
Io, però, a costo di ripetermi, TOGLIEREI "(vera)" perché "dimostrata" ha poco a che fare con "vera". In matematica. Magari nelle altre scienze non è così.
(Quasi) Tutta la matematica nota è dimostrata, ma di quanta matematica si può dire che è "vera"?
Per assurdo che possa sembrare avevo scritto (fra parentesi) “vera” intendendo che fosse una dimostrazione “di verità”, e non che si fosse “dimostrata falsa” (....).
Però vorrei far ancora notare una cosa che mi pare interessante:
se accetti la mia definizione accetti di introdurre il concetto di “tempo”, che secondo me è estraneo (nel senso usato) alla matematica;
anzi: secondo me è uno dei noccioli delle differenze fra “matematica” e “fisica”, nel senso che la prima non lo ha e la seconda sì.
Se è davvero così si deve dedurre che la definizione di “teorema” non è di matematica, ma di “metamatematica” (tu hai usato l'aggettivo “extramatematico”), un po' come lo è per il concetto di “vero”.
Gaspero
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Gaspero, hai scritto:
Non avevo usato il termine metamatematica perché non volevo entrare in questioni troppo tecniche.
Gianfranco
Mi inchino e sottoscrivo!Se è davvero così si deve dedurre che la definizione di “teorema” non è di matematica, ma di “metamatematica” (tu hai usato l'aggettivo “extramatematico”), un po' come lo è per il concetto di “vero”.
Non avevo usato il termine metamatematica perché non volevo entrare in questioni troppo tecniche.
Gianfranco