commento al quesito Il viandante al bivio

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mariaangelone
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commento al quesito Il viandante al bivio

Messaggio da mariaangelone »

Vorrei, se mi è consentito, poter aggiungere un commento al quesito sul dilemma del viandante, che esplicita l’antico paradosso di Epimenide: Tutti i cretesi sono bugiardi.
L’enunciato di natura filosofica ci induce a riflettere se il nostro filosofo che è cretese, stia dicendo una bugia o una verità?
Quesito elegante, quanto mai semplice in apparenza. Una frasetta buttata lì, di facile soluzione. La risposta potrebbe sembrare scontata, e invece ci induce a fare un salto logico, come rimanessimo intrappolati in un gioco di prestigio. Ad un tratto ci troviamo proiettati nell’universo di Carrol, oltre il magico specchio di Alice. Ma dov’è l’inganno, e dopotutto, il raggiro esiste davvero? Forse sì, forse no. Forse non c’è raggiro, e non c’è inganno. Volendo rispondere in accordo alla coerenza del linguaggio, non ci è dato dire, se questa frase è vera o è falsa. Siamo nell’impossibilità di poter formulare una certezza assoluta di verità o di falsità.
Orribile o stupefacente? Bah, difficile dare anche a questa domanda una risposta con leggerezza superficiale.
Tanti anni dopo, pochi decenni fa, davanti al nostro imbarazzo a non saper rispondere al quesito di Epimenide, ci viene in soccorso il genio matematico Kurt Godel. Il problema che non possiamo dare una risposta inequivocabile, deriva dal fatto che questa frase rappresenta un enunciato indecidibile.
Vediamo un po’ che significa.
Kodel nel 1931 enunciò una teoria, destinata ad imporsi tra i risultati più profondi e spettacolari conseguiti dalla logica del Novecento,e che portò presto alla enunciazione di due teoremi che ebbero ripercussioni incredibili in campo non solo matematico, ma anche in altre sfere della conoscenza, a cominciare dalla filosofia. Questi due teoremi pirotecnici furono: i due teoremi di incompletezza.
Il primo teorema afferma che la teoria formale dell’aritmetica, se coerente, contiene una proposizione indecidibile; il secondo teorema aggiunge che l’aritmetica non può dimostrare con i propri mezzi la sua coerenza. Volendo rendere più fruibile il concetto, potremmo dire che questi teoremi hanno convertito in linguaggio matematico, il paradosso di Epimenide.
Nessun sistema, dice Godel, che sia abbastanza coerente ed espressivo da contenere l'aritmetica, può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza.
Incoerenza e incompletezza sono rocce granitiche verso cui vanno a sbattere i sistemi formali: se si dimostra la loro completezza si cade nell’ incoerenza. Se si afferma la coerenza si cade nell’incompletezza. La verità diventa un gigante dai piedi d’argilla.
Che turbinio di pensieri, che concetti densi di inquietudine si affacciano davanti alla mente quando cerchiamo di districarci in un labirinto di paradossi, antinomie, contraddizioni. “Non tutto ciò che è vero è dimostrabile”. Un sasso lanciato da uno sconosciuto, che mentre vola nel cielo si trasforma in una stella. Parole che si fanno strada tra le oscure profondità del nostro spirito, riempendole di luce. Che profonda libertà che riceviamo dalla musica di queste parole. Dolcissime le parole di Emil Post, quando dice che l’incompletezza è la più lampante testimonianza della creatività del pensiero matematico. E la creatività nasce dalla libertà dello spirito umano. Come le sento toccanti, vive dentro di me, quanto ci invitano a riflettere.
Anni fa sotto la suggestione di Godel,che mi portava ad accarezzare le sponde di un mare dove la verità è indimostrabile, fui spinta a fare un’istallazione artistica che potesse in qualche maniera convertire nuovamente il paradosso di Epimenide, questa volta nel linguaggio dell’arte.
La storia pone dei quesiti abbastanza intriganti, e vale la pena di raccontarla.
In quel periodo venni a conoscere che il gioielliere inglese Graff aveva acquistato per 33 milioni di sterline il “blu Wittelsbach”, un celebre diamante appartenuto nel diciassettesimo secolo all’Infanta Margarita (centro focale e protagonista di “Las Meninas”) figlia di Filippo Quarto di Spagna, e finito poi, per alterne vicende storiche, al casato dei Wittelsbach.
Fantasticando su questa storia, immaginai che uno dei più quotati artisti dei nostri giorni, Jeff Koons, che nei suoi lavori provocatori, ha spostato il Kitch, verso il campo minato dell’arte, avesse messo in atto un’opera dal titolo “False Blu Wittelsback”, incentrata su un falso diamante, una pietra di vetro blu, il cui valore, date le quotazioni dell’artista, avrebbe superato di parecchio quelle del diamante vero.
A questo punto si aprono i giochi. Quale diamante vale di più, quello vero, fatto di carbonio oppure quello falso, fatto di vetro, dato il valore aggiunto prodotto dalla firma dell’artista? Se qualcuno decidesse di rubare la pietra che vale di più, dovrebbe rubare, il diamante per così dire vero, o quello falso? Se ruba il diamante vero di carbonio, ruba comunque un diamante che paradossalmente vale meno di quello falso. Allora cosa gli conviene rubare, il vero o il falso
Sostanzialmente, l’effetto magico dell’arte, nell’aggiungere al diamante fatto di vetro un valore che supera il prezzo del diamante di carbonio, mette a fuoco che l’attribuzione del predicato di verità o di falsità non può sussistere in maniera inequivocabile né per l’una né per l’altra pietra. Il ragionamento che porta a questa stravagante conclusione è in fondo molto semplice e si deduce da alcune considerazioni ordinarie. Un diamante vero è infatti quello naturale, prodotto da un processo di natura geologica, mentre un diamante falso è quello di vetro. Nel caso del False Blue Wittelsbach, il diamante è di vetro, ovvero ossido di silicio e non di carbonio, eppure vale di più di quello naturale. Comunemente valgono le eguaglianze tra gli attributi del diamante:

vero = fatto di carbonio = naturale = di altissimo valore

Nel caso specifico del nostro ragionamento
valgono invece le eguaglianze di attributi:

falso = fatto di vetro = artificiale = di altissimo valore

Mettendo a sistema le due eguaglianze ed eliminando l’attributo di altissimo valore, si ottengono eguaglianze paradossali:

carbonio = vetro
naturale = artificiale
vero = falso

dove il carbonio è eguale al vetro, un oggetto è naturale e artificiale simultaneamente, un’affermazione è vera e falsa nello stesso tempo. Che eccitante controsenso, eccoci di nuovo nel regno magico di alice.
Voi che ne dite, si può stabilire incontrovertibilmente quale è il diamante vero e quale il falso, partendo dall’assioma che il vero è quello che vale di più e il falso è quello che vale di meno? Voi quale rubereste,?
Adesso non ve ne uscite per il rotto della cuffia, dicendomi: s’intende, il diamante di carbonio….lo so che vorreste quello, oppure no?
Io la risposta me la sono data, ma mi piacerebbe che voi mi deste la vostra.
P.S, accetto di buon grado qualunque critica o rettifica ai miei ragionamenti. Grazie a tutti per l’attenzione. mariolina

Pasquale
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Re: commento al quesito Il viandante al bivio

Messaggio da Pasquale »

Interessante argomentazione mate-filosofica.

Dal mio punto di vista, la cosa la vedrei così:

Carbonio = vero
Silicio = falso
______________
falso e vero = zero ( così come in un circuito AND booleano )

Da questo punto di vista non mi affannerei a rubare un bel nulla, preferendo di più il profumo o il sapore di una semplice mela annurca o fuji che sia.
Al fin della vicenda, come argomentava la vecchia Tina Pica in un vecchio film con Antonio De Curtis: " ricordati uomo che devi morireeeee..... ".
Oggi lo stesso concetto ce lo ribadisce il corona- virus, ma ancora c'è qualcuno che distrattamente non lo capisce.

Naturamente, so bene che il tuo era un esempio. Il mio era una divagazione ispirata dall'argomento, che mi ha condotto altrove.
Non mi dispiacerebbe comunque tornare alla vita più naturale dell'uomo delle caverne, nelle quali pure si rinvengono apprezzabili opere d'arte, partorite a costo zero.
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$\text { }$ciao Immagine ciao
E' la somma che fa il totale (Totò)

mariaangelone
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Re: commento al quesito Il viandante al bivio

Messaggio da mariaangelone »

Ciao pasquale, la tua risposta è bellissima, grazie, una carezza dell’anima. Non potevi avere approccio al problema più leggero, semplice, elegante ed essenziale.
Tu dici:
Carbonio=vero ; silicio = falso ; falso e vero=0.
Non credo avresti potuto dare una risposta più sintetica in grado di esplicitare meglio il tuo pensiero. Al nostro teorema, io ho dato una diversa soluzione della tua, ma anche usando strade non parallele, siamo arrivati alla stessa conclusione. Splendido! Nell’opera io ho voluto esprimere il mio pensiero sulla questione. Soltanto la libertà del nostro intelletto, del nostro nous, può assegnare un attributo di verità o di falsità alle due pietre. Nessuno, né il gioielliere, né il matematico, e neanche il papa, ha il diritto di farci dire: questa è la pietra vera, questa è la falsa. Certo, volendo vendere due diamanti, uno di carbonio, ed un altro di vetro, ci pagherebbero molto di più quello di carbonio, ovvio. Ma questo appartiene solo all’empiria delle cose, non all’etica, alla filosofia. Qui si tratta di dare un valore alle cose. Chi ha il diritto di dare un valore inequivocabile ad un oggetto, chi lo compra, chi lo acquista, chi si può permettere di dire questo oggetto, questa musica, quest’opera d’arte non vale niente, oppure vale un milione di dollari? A giudicare con superficialità, sembrerebbe lo possa fare soltanto chi è allineato alla legge economica della domanda e dell’offerta, cui nessuno sfugge, e che domina sin dalla notte dei tempi, cioè la società umana. Un’opera d’arte che porta una firma famosa, sappiamo, vale una tombola, ma se poi si scopre che la firma dell’autore non è autentica, chi più la compra? E’ un falso, e quindi non vale niente, nessuno più la vuole, eppure l’opera è sempre la stessa. Si può solo giocare con le cose, con il loro valore, mai spingersi ad uscire oltre i confini del gioco, perchè se lo facciamo, perdiamo noi stessi. Viene il sospetto che corriamo il rischio di essere incatenati, visto che i confini entro i quali si articola la nostra libertà non sono netti, ma senza colore, sfumati, perdendosi nel parcheggio dei condizionamenti sociali.
Ma che importa questo, in fondo, quando dentro di noi, anche se ci può venire contestato dal mondo esterno, abbiamo però nella nostra coscienza, nella nostra mente, o intelletto, la libertà di poter dire questo è vero, questo è falso, e me ne faccio un baffo di quel che pensano gli altri. In uno spazio atemporale, in un regno di meta simmetria, dove il logos ha raccolto nel suo regno anche la potenza dell’alogos, dove il male si è trasformato in bene, la risposta ce la dà il cuore. Il nostro istinto di quando eravamo bambini, e che non ci abbandona mai completamente, ci ronza nelle orecchie per dirci che vivere con serietà la vita, significa giocare con lei, apprezzare la semplicità delle cose. Impariamo ad ascoltarlo, soltanto così potremo diversificare il valore relativo delle cose che è un attributo delle necessità contingenti, da quello assoluto, che diversamente è di pertinenza dei sentimenti e del nostro spirito libero. Se ci muoviamo in questi termini, facendo così, potremo vivere bene e fare del bene. La più bella corsa a ostacoli che si possa immaginare, con un finale pirotecnico.
Quanto amo le tue mele annurche, pasquale, e perché no, ancora meglio, le ciliegie, le nespole, le albicocche, le fragole, le susine, le pesche, le arance i limoni, e tutta la santissima frutta della terra. Tutti insieme, bianchi, gialli, rossi, verdi e blu, in un lucente giardino, seduti per terra.
Non mi avrai mica fatta arrivare alle soglie del paradiso?
Sai com’è, con questo covid in giro, in questo momento non sarebbe un’idea eccellente!!
Ciao pasquale, a te buona serata mar.
Ps se vuoi, e hai tempo da perdere, suggerirei di dare uno sguardo alla “danza degli esagoni”, sono sicura che nasceranno altri spunti di discussione.

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