1 numero primo (pour parlé)

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Pasquale
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Pasquale »

Buona l'osservazione di Daniela sul sesso delle matematiche... a proposito:
per "matematiche" intendete le scienze matematiche o le donne studiose di matematica?
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Daniela
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Daniela »

infinito ha scritto: 1ª - «Il teorema fondamentale dell'aritmetica.
[...]
Quindi il teorema io lo enuncerei così:
«Il teorema fondamentale dell'aritmetica.
Ogni numero naturale positivo è il prodotto di fattori primi. Tale decomposizione in fattori primi è unica a meno dell'ordine dei fattori.»
Mi sembra inesatto. 1 non ha una scomposizione univoca in fattori primi con questa definizione, infatti 1=(3)^0=(37)^0=....=....

Ho paura che succeda di peggio a volersi incaponire a definire che n^0=1 per ogni n (in un contesto dove non c'e' nessuna ragione per farlo e anzi dove farlo crea dei problemi) perche' si va ad intaccare l'integrita' della unicita' della decomposizione in fattori primi. Ad esempio 24= 2^3 * 3^1 = 2^3 * 3^1 * 13^0 = ... = ... = ....

Per giunta se uno si ostina a definire 1 come numero primo, dovra' pur ammettere, no, che come tutti gli altri numeri primi sia un fattore possibile della scomposizione in fattori primi? peccato che essendo l'elemento neutro del prodotto, poveraccio, oltre ad essere un pochino noioso, ci manda di nuovo a monte l'unicita' del suo esponente che anche quello e' bellamente indeterminato.
Daniela
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infinito
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da infinito »

Gianfranco ha scritto:E poi hai scritto:
(sto cercando di mollare tutto ciò che è Microsoft)
In pratica, come fai?
“In pratica” faccio poco.
Comunque ho iniziato usando OpenOffice e Firefox, al posto di Office e Internet Explorer, poi ho provato un po' di Linux (con moltissimi problemi, anche per il mio hardware), poi ho cercato di promuovere il sofrware libero anche a scuola, ora stiamo (con difficoltà) facendo un corso di Linux per insegnanti ed io sto per comprare un nuovo computer che parte “per Linux” (harware con compatibilità quasi tutto A e pochissimo B).

Nel progetto del sistema solare tutta la parte informatica (ricerche, fogli di calcolo, indirizzi e-mail, ecc.) cerco di farla in questa maniera, pur lasciando liberi i ragazzi nelle scelte personali, però, per esempio, i file “ufficiali” non devono essere nei formati Office. Sto anche cercando di aiutarli a rivedere, correggere e riinviare per e-mail i file già inviati da altri (sperando che partecipino anche studenti di altre scuole), educandoli alla filosofia open-source.

Poca cosa, ma cerco di farla lo stesso, perché ritengo che per una scuola sia immorale promuovere i programmi Microsoft, visto che
- questa azienda viola apertamente le leggi sul monopolio (leggi italiane, americane ed internazionali) (e non vorrei correre il rischio di fomentare sospetti non sufficientemente motivati, ma se lo fa così apertamente da tempo ... sorge davvero il sospetto che debbano necessariamente esserci interessi di altri enti/persone anche in Italia);
- il costo annuale dei programmi Microsoft che potrebbero essere sostituiti da altri praticamente a costo zero;
- ...
Scorcio: se ti interessa questo puoi trovarlo nel nostro forum qui Windows, Linux, Open Source
.

Il vero problema e che io conosco pochissimo l'informatica ...

Gianfranco ha scritto:Infinito, hai scritto:
«il prodotto di zero fattori è l'elemento neutro del prodotto»
«il prodotto di un solo fattore è il fattore stesso considerato come prodotto»
Non so perché, ma non riesco a digerire queste definizioni. Cioè non riesco a immaginarmi un prodotto di zero fattori o di un fattore. Magari, col tempo, potrei riuscirci...
Gianfranco, scusa se sono immodesto, ma credo che valga davvero la pena di meditare queste definizioni (...zero fattori, ...un fattore) e di introdurle in quelle “di base”, perché colmano davvero tante piccole e grandi lacune.

Intanto non è affatto “strana”, visto che si utilizzano da sempre nelle potenze del tipo a° e a¹ (magari con “a” diverso da zero),
poi a me paiono intrinsecamente “ovvie”, il problema sarebbe semmai dovuto al fatto se siano utili o meno, quindi ti faccio un po' di esempi significativi:
- I significati di “a°” e di “a¹” diventano ovvi (anche per a=0) (la definizione: a^n è il prodotto di n fattori uguali ad a).
- Così pure il significato di 0! e di 1! (sapresti altrimenti motivare, anche in modo solo "vagamente accettabile" (ma non con un "perché funziona") perché 0!=1, cosa che con la "mia" definizione è decisamente ovvio, tanto da non necessitare nemmeno di considerazione?) (la definizione: n! è il prodotto dei primi n naturali positivi).
- Posso dare la definizione di polinomio semplicemente così: «un polinomio è la somma formale di monomi», e non così: «un polinomio è un monomio o la somma formale di monomi» (ovviamente voglio che i monomi siano polinomi, per poter avere gli elementi neutri e poter fare le somme).
- Analogamente per la definizione di monomi.
Altri esempi si evincono dalle risposte sotto.



Daniela ha scritto:...La faccenda di 00000 mi sembra problematica perche' ci toccherebbe anche nei domesticissimi naturali introdurre il concetto che un numero non e' una sequenza di cifre, ma e' una classe di equivalenza.
Non mi torna: un numero non è una sequenza di cifre, ma “si può rappresentare con una sequenza di cifre”, come anche “si può rappresentare con la notazione posizionale in più basi diverse”. Non vedo il problema.
Il senso della mia richiesta era «è vero che con opportune condizioni (per esempio numeri di due cifre) può esistere un numero palindromo “non banale” (di due cifre) che sia minore di 11? (ovviamente nell'esempio sarebbe “00”)».


Daniela ha scritto:
infinito ha scritto: 1ª - «Il teorema fondamentale dell'aritmetica.
[...]
Quindi il teorema io lo enuncerei così:
«Il teorema fondamentale dell'aritmetica.
Ogni numero naturale positivo è il prodotto di fattori primi. Tale decomposizione in fattori primi è unica a meno dell'ordine dei fattori.»
Mi sembra inesatto. 1 non ha una scomposizione univoca in fattori primi con questa definizione, infatti 1=(3)^0=(37)^0=....=....

Ho paura che succeda di peggio a volersi incaponire a definire che n^0=1 per ogni n (in un contesto dove non c'e' nessuna ragione per farlo e anzi dove farlo crea dei problemi) perche' si va ad intaccare l'integrita' della unicita' della decomposizione in fattori primi. Ad esempio 24= 2^3 * 3^1 = 2^3 * 3^1 * 13^0 = ... = ... = ....

Per giunta se uno si ostina a definire 1 come numero primo, dovra' pur ammettere, no, che come tutti gli altri numeri primi sia un fattore possibile della scomposizione in fattori primi? peccato che essendo l'elemento neutro del prodotto, poveraccio, oltre ad essere un pochino noioso, ci manda di nuovo a monte l'unicita' del suo esponente che anche quello e' bellamente indeterminato.
Forse mi sono spiegato male:

L'idea sarebbe quella di lavorare con i numeri naturali positivi N+,

qui definire i numeri primi come i numeri di N+ che hanno esattamente 2 divisori, (quindi 1 non lo è),

in questo insieme si ha il teorema suddetto: «Ogni numero naturale positivo è il prodotto di fattori primi. Tale decomposizione in fattori primi è unica a meno dell'ordine dei fattori.»

Infatti per i numeri maggiori di 1 “si sa che è vero”,
per 1 è “ovvio”, perché 1 è il prodotto di zero fattori primi, cioè è il prodotto di tutti i suoi divisori primi,
0 non fa parte di N+ .





Mi pare che anche i tuoi esempi possano derivare da un fraintendimento.

Infatti nella definizione “primordiale” (quella citata, per esempio) di «scomposizione in fattori primi di un numero di N+» non si parla di potenze (come non se ne parla nemmeno nella definizione di polinomio, si introducono successivamente), e se si vuole essere coerenti è bene fare le dimostrazioni tenendone conto.
Quindi i “tuoi” fattori del tipo 3°, 37°, 13° , ecc. semplicemente non vi compaiono; cioè è come dire che nella scomposizione ci sono 0 fatto ri uguali a 3, oppure 0 fattori uguali a 37, oppure 0 fattori uguali a 13: è vero, ma non da problema.




Daniela ha scritto:Ho paura che succeda di peggio a volersi incaponire a definire che n^0=1 per ogni n (in un contesto dove non c'e' nessuna ragione per farlo e anzi dove farlo crea dei problemi)...
Ecco, questo è il problema su cui mi sono confrontato (e ho insistito “finché ho potuto”) tempo addietro: non si tratta di “definire una cosa in un contesto ...”,
ma di considerare una cosa che è vera,
almeno come si intende che è vero che 1+1=2; non credo che nessuno di voi direbbe «Ho paura che succeda di peggio a volersi incaponire a definire che 1+1=2 (in un contesto dove non c'è nessuna ragione per farlo e anzi dove farlo crea dei problemi)...».





Spero di essere stato chiaro,
e di non aver urtato la sensibilità di nessuno.

Anche se a colte faccio fatica a capire la diffidenza che alcuni (molti, in verità) hanno a cambiare e/o accettare di cambiare definizioni che non si rivelano adeguate.
Gaspero

Daniela
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Daniela »

Non e' vietato per carita' inventare definizioni nuove, la mia domanda e' se, per risolvere questioni che non creano problemi, siamo disposti ad infilarci in un ginepraio e a pettinare tutte le conseguenze delle nuove definizioni.

Gaspero tu scrivi che "il prodotto di 0 fattori" eccetera, si puo' anche fare quello per carita'. Pero' allora io ti pongo una domanda, soprattutto cercando di immedesimarmi in una tua studentessa. Che cosa e' un prodotto. Voglio sapere che cosa e' un prodotto e perche' si introduce e come si costruisce. Allora io a questo punto mi immedesimo in daniela che non e' una specialista di costruzioni numeriche ma che ogni tanto qualcuno le fa una domanda di questo tipo. E daniela scrive o dice, il prodotto e' una operazione, in questo caso NxN --->N , comunque IxI ---> I , fatta cosi' e cosa', eccetera. Tu proponi di introdurre una struttura mostruosa che e' una relazione n-aria dove n, arbitrario, e' il numero di "fattori del prodotto" (questo si estende in maniera naturale, come scrivi, anche a n=0) proponi che tutta questa roba sia nativa (non scrivi, definiamo a*b*c*d*...z:= a*(b*c*d*...z) che ricorsivamente si riconduce all'operazione domestica e al grafico o vogliamo chiamarlo "tabellina" come si faceva una volta, il sottoinsieme del prodotto cartesiano che soddisfa la relazione) per cui lavori in uno spazio, infinitodimensionale, che ci ha tutte le copie N, NxN (questo e' il prodotto esterno) NxNxN, .... oltre che naturalmente a quella banale "N^0" che ti da' un'altra copia di un monoide banale, {1}. Sei veramente disposto a costruire questa struttura e a lavorarci dentro e a introdurla ai tuoi studenti? Non ho detto che e' vietato! ho pero' detto che in questo contesto e' intellettualmente antieconomico.

Sappiamo tutti che i numeri sono una classe di equivalenza e il problema e' inevitabile nei razionali, mi chiedo se valga la pena di introdurre queste problematiche per definire il numero 00000 allo scopo di giocare coi palindromi. Il discorso delle rappresentazioni in basi diverse non e' qui pertinente in quanto ciascuna base non ha la problematica delle classi di equivalenza e se tu vuoi vedere la classe di equivalenza per es. di (5)_10 di cui alcuni rappresentanti sono (10)_5 e (101)_2 e chiamarla [5] tutto questo e' giustissimo, ma devi lavorare, non in N, bensi' in uno spazio che e' il prodotto cartesiano di molte (aleph_zero...) copie di N, ciascuna delle quali ha la stessa identica struttura di N, ciascuna delle quali corrisponde alle rappresentazioni nelle varie basi da 2 in poi, e in questo spazio ti metti pazientemente a definire le operazioni tra elementi di "pezzi diversi" e poi quando hai finito quozienti il tutto. Se sei disposto a fare questa costruzione tutto fila liscio come l'olio, se no, purtroppo l'unico risultato sara' che gli studenti si ritroveranno pesantemente confusi su faccende di base, quali "che operazione stiamo facendo e in quale spazio?" e tutto cio' per aggiustare problemi alla definizione che neanche danno fastidio.
Riguardo alle potenze, mi scuso per la notazione frettolosa, intendevo naturalmente n^m (espressione formale) = n * n * ... *n (compiuto m volte; notazione formale anche questa) := n * (...) che ricorsivamente definisce l'espressione.
Daniela
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Ivana »

Pasquale ha scritto: per "matematiche" intendete le scienze matematiche o le donne studiose di matematica?
Pasquale, ho voluto “francesizzare” la matematica in “les mathématiques” (o, più affettuosamente, “Les math) :) e intendevo comprendere sia le “scienze matematiche” sia le “attività matematiche”: la matematica pura e applicata, la pluralità delle diverse scuole di pensiero e i numerosi strumenti software che, ormai, sono entrati a far parte integrante della matematica a ogni livello scolastico. :) :D

Un caro saluto
Ivana
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Ivana »

Daniela ha scritto: Ivana grazie delle tue parole, volevo chiederti, potresti senza fretta mandare anche a me il zippato? la mail dovrebbe essere accessibile mediante il profilo
Daniela
Daniela, tra poco ti invio i due files in formato.gif
Un abbraccio
Ivana
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Gianfranco
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Gianfranco »

Carissimi colleghi,
vi riporto qui sotto una testimonianza della massima autorità mondiale sui numeri primi.

Spero che possa risolvere definitivamente il tormentone del numero 1: è primo o non è primo?

Vi saluto cordialmente
Gianfranco
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Pace e bene a tutti.
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Ivana »

Con la mia margherita il "tormentone" non ha termine... :D :lol:

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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Ivana »

Gianfranco e Daniela, avete ricevuto i files?
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infinito
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da infinito »

Urca, Daniela, quanto hai scritto (sembri quasi me ...)!

Non e' vietato per carita' inventare definizioni nuove, la mia domanda e' se, per risolvere questioni che non creano problemi, siamo disposti ad infilarci in un ginepraio e a pettinare tutte le conseguenze delle nuove definizioni. ...
Il concetto che mi pare io non riesca a spiegare è che non cerco di introdurre “artificiosamente” nuove definizioni, ma che le definizioni che usiamo sono spesso solo una parte di definizioni più generali, e che se si riesce ad assimilarle potremo avere altre energie per affrontare meglio situazioni più complesse.

Per esempio non mi risulta che la definizione di potenza (la definizione ..., non le proprietà, sia chiaro) costituisca un problema per nessuno: è entrata nello “immaginario collettivo”, un po' come lo ha fatto il Teorema di Pitagora e non lo hanno fatto, invece, i Teoremi di Euclide, come lo ha fatto il Principio di Archimede ma non le leggi dei gas.

Perdonami la critica, ma mi pare che tu non stia valutando se è logico quello che affermo io, ma che tu sappia già che “è sbagliato” e che cerchi di dimostrarlo.
Se l'ottica è questa non potrai mai accettare le mie idee.

Per chiarire questo concetto faccio un esempio (che faccio spesso) che non credo sia uno di quelli che ti piacciono e che può essere considerato OT, ma è solo un esempio che secondo me è molto chiaro.
«Si legge nei Vangeli che al processo di Gesù si presentarono molti falsi testimoni, ma che non si trovarono d'accordo. Ora io mi chiedo: come fanno a non trovarsi d'accordo i falsi testimoni? Basta che si accordino per dire le stesse cose. Invece mi pare che dai testi si capisca bene il perché: non erano “falsi testimoni” nel senso che si intende generalmente noi (cioè non stavano dicendo quello che non pensavano, “il falso”), ma stavano cercando di provare che Gesù era colpevole. Questo non è il modo corretto di giudicare, di fatto avevano già condannato Gesù, e cercavano solo il modo di “farlo legalmente”. Da un simile processo non ci si può salvare.»
Per intenderci è l'analogo di un'altra mia “frequente” affermazione:
«Quando mi sono trovato a discutere sulle “prove” dell'esistenza di Dio, e di un Dio che agisce nella propria storia, mi pare che generalmente mi sia trovato di fronte a due modi principali di affrontare la questione, quello di chi cerca di dimostrare CHE Dio c'è e quello di chi cerca di dimostrare CHE Dio non c'è. Invece credo che da un punto di vista razionale sia molto meglio cercare di indagare SE Dio c'è. Altrimenti chi vuole vedere che “c'è” avrà moltissimi motivi “logici” per farlo (chi ha “creato” l'Universo?), e chi vuole vedere che “non c'è” avrà moltissimi motivi “logici” per farlo (chi ha “creato” il male?)».


Gaspero tu scrivi che "il prodotto di 0 fattori" eccetera, si puo' anche fare quello per carita'. Pero' allora io ti pongo una domanda, soprattutto cercando di immedesimarmi in una tua studentessa. Che cosa e' un prodotto. Voglio sapere che cosa e' un prodotto e perche' si introduce e come si costruisce. Allora io a questo punto mi immedesimo in daniela che non e' una specialista di costruzioni numeriche ma che ogni tanto qualcuno le fa una domanda di questo tipo. E daniela scrive o dice, il prodotto e' una operazione, in questo caso NxN --->N , comunque IxI ---> I , fatta cosi' e cosa', eccetera. Tu proponi di introdurre una struttura mostruosa che e' una relazione n-aria dove n, arbitrario, e' il numero di "fattori del prodotto" (questo si estende in maniera naturale, come scrivi, anche a n=0) proponi che tutta questa roba sia nativa (non scrivi, definiamo a*b*c*d*...z:= a*(b*c*d*...z) che ricorsivamente si riconduce all'operazione domestica e al grafico o vogliamo chiamarlo "tabellina" come si faceva una volta, il sottoinsieme del prodotto cartesiano che soddisfa la relazione) per cui lavori in uno spazio, infinitodimensionale, che ci ha tutte le copie N, NxN (questo e' il prodotto esterno) NxNxN, .... oltre che naturalmente a quella banale "N^0" che ti da' un'altra copia di un monoide banale, {1}. Sei veramente disposto a costruire questa struttura e a lavorarci dentro e a introdurla ai tuoi studenti? Non ho detto che e' vietato! ho pero' detto che in questo contesto e' intellettualmente antieconomico.
Allora, io dico che:

il prodotto “in origine” è un'operazione binaria, associativa e con elemento neutro.
Questo ci permette di estenderlo in maniera “ovvia”, “naturale” a “prodotti di più di due fattori”.
Però credo che debba essere chiaro che può essere considerato un'estensione di un'operazione BINARIA, e che viene estesa, ove possibile, a tutti gli altri numeri naturali.
Questo, contrariamente a tutto quello che tu dici essere «una struttura mostruosa», mi pare che sia intuitivo per i ragazzi, perché “si vede bene” come funziona, almeno finché si rimane con prodotti di almeno 1 fattore.
Sì: anche a¹ non da problemi, mentre, “a sentir voi” dovrebbe darne diversi.

Il problema nasce con il prodotto di 0 fattori, ma (SECONDO ME, nota bene), il problema nasce perché lo fate nascere “voi”.
Voi che dite che se a è diverso da 0 a°=1, altrimenti non ha significato , ecc. ecc.
Ma che diavolo di differenza intuitiva vuoi che ci fra il prodotto di 0 fattori uguali a 3 e il prodotto di 0 fattori uguali a 0?
Chiaro che poi i ragazzi sono disorientati.
La “scienza popolare” nasce quando una verità e data per “pacifica”, cioè di da per scontato che sia vera. Può sembrare impossibile parlare della relatività alle medie o alle elementari, e lo è se vogliamo che i banbini capiscano “tutto”, mase passiamo i concetti “pratici” con semplicità non ci sono problemi.
Tanto più nel caso di “prodotto di n fattori”, che è semplice e intuibile anche a livello formale.

Te lo chiarifico.
È sbagliata la dizione classica «a^n si ottiene moltiplicando a per se stessa n volte».
Ci si accorge facilmente dell'errore se ad n si sostituiscono i numeri 1 o 2, infatti moltiplicando 1 volta a per se stesso si ottiene a·a=a², e non a¹.
Allora come mai si tende a dire così?
Beh, la mia interpretazione è semplice: il concetto è come se si “partisse da 1, e poi si moltiplicasse, cioè:
È corretta la dizione “non classica” «a^n si ottiene moltiplicando 1 per a n volte».
Da questa definizione (che spero converrai sia intuitivissima) segue che
a²=1·a·a (l'ho moltiplicato 2 volte), a¹=1·a (l'ho moltiplicato 1 volta), a°=1 (l'ho moltiplicato 0 volte, cioè non l'ho moltiplicato).


Spero di essere stato chiaro.
Ovviamente nessuno può costringerti a cambiare idea.
Però tutti i cavilli e le mostruosità di cui hai parlato sono “roba tua”, io non ne vedo la minima necessità di introdurli (e non mi convincono nemmeno tanto ...).
Sappiamo tutti che i numeri sono una classe di equivalenza e il problema e' inevitabile nei razionali, mi chiedo se valga la pena di introdurre queste problematiche per definire il numero 00000 allo scopo di giocare coi palindromi.
Non ho assolutamente detto che “vale la pena di introdurre queste problematiche ...”, ho detto che «è vero che con opportune condizioni (per esempio numeri di due cifre) può esistere un numero palindromo “non banale” (di due cifre) che sia minore di 11? (ovviamente nell'esempio sarebbe “00”)». Ovviamente come caso “strano”, o meglio, come strana interpretazione di una situazione.
Il discorso delle rappresentazioni in basi diverse non e' qui pertinente in quanto ciascuna base non ha la problematica delle classi di equivalenza e se tu vuoi vedere la classe di equivalenza per es. di (5)_10 di cui alcuni rappresentanti sono (10)_5 e (101)_2 e chiamarla [5] tutto questo e' giustissimo, ma devi lavorare, non in N, bensi' in uno spazio che e' il prodotto cartesiano di molte (aleph_zero...) copie di N, ciascuna delle quali ha la stessa identica struttura di N, ciascuna delle quali corrisponde alle rappresentazioni nelle varie basi da 2 in poi, e in questo spazio ti metti pazientemente a definire le operazioni tra elementi di "pezzi diversi" e poi quando hai finito quozienti il tutto. Se sei disposto a fare questa costruzione tutto fila liscio come l'olio, se no, purtroppo l'unico risultato sara' che gli studenti si ritroveranno pesantemente confusi su faccende di base, quali "che operazione stiamo facendo e in quale spazio?" e tutto cio' per aggiustare problemi alla definizione che neanche danno fastidio.
Anche qui non riesco a seguirti.
Io dico che sono concetti distinti “il numero” (per esempio il numero 5), e il modo di rappresentare quel numero (per esempio “5”, “cinque”, “five”, “V”, “101”, “3+2”, “il naturale prima di 6”, ecc.).
E io finora avrei parlato “dei numeri”.
Se ho fatto eccezione era per evidenziare che cambiando le basi si cambiava il modi di rappresentarli, da cui poteva variare l'essere o meno palindromi.

P.S.:
Dicendolo non vorrei fare ancora peggio, ma
spesso mi sembra di generare/fomentare polemiche, e non mi capita solo qui.
Io credo di essere in buona fede quando dico che propongo idee che mi paiono più che valide e ne critico altre che mi pare siano deboli o addirittura sbagliate,
che lo faccio in modo spesso impulsivo, ma che “generalmente” nutro altissima considerazione delle persone che le sostengono.
Però se facendo così si generano delle “tensioni” (polemiche, o simili) allora vuol dire che probabilmente non mi esprimo bene, o addirittura che il mio modo di pensare è “cattivo”.

Se mi sono espresso in malo modo con qualcuno chiedo scusa.
Sappiate comunque che probabilmente si è trattato più di forma che di sostanza.

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Gaspero

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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da infinito »

Scusate, per "rimanere" in OT:

la domanda iniziale era «Secondo voi 1 è da considerare un numero primo ?»

A questa, chiedendo se avevo capito il testo, io ho risposto.

Quelo poi, dopo aver confermato il senso della domanda, ha detto che si poteva anche inserire 1 fra i primi, ma non ha detto quello che lui pensa.

Daniela si è espressa chiaramente per "NO", perché se l'essere primo è la caratteristica di non essere scrivibile come prodotto di più primi, allora quello che meno può essere primo è proprio 1, visto che è uguale a 1¹, 1², 1³, ecc. (come dire, "allora meglio il 6, che è semplicemente uguale a un onesto 2·3" - ovviamente scherzo, ma ho colto il senso del tuo pensiero, vero?).

Altri non si sono espressi ...
...

Forse anch'io non sono stato sufficientemente chiaro, cercherò di rimediare:



Per me i numeri primi sono i naturali che hanno esattamente due divisori.

Però è una definizione che "non mi piace", né come estetica, né come sostanza.
Tralascio il commento sull'estetica, ma non i piace la sostanza perché "a intuito" (col cuore, con l'istinto, ecc.) 1 ha uno status particolare, ed ha qualcosa dei numeri primi. Certo, è un'unità (elemento invertibile), ma non sto parlando di questo: a intuito la definizione non esprime "quello che sento" (cosa che invece fa quella di "prodotto di n fattori, con n naturale).
Quindi resto in attesa che da qualche parte (plausibilmente dal mio ben amato e molto stimato subconscio) sorga una definizione o una interpretazione della situazione che mi "aggradi".
Gaspero

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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Gianfranco »

Sempre telegrafico:

Ivana, grazie, ho ricevuto il file e ho letto le motivazioni di Ferrari a sostegno della definizione "classica" di numero primo, che esclude l'1.
Concordo con Ferrari.
Bella la margherita dei numeri primi! Secondo me, poteva essere una simpatica conclusione di questa discussione.

Infinito, io veramente mi ero espresso ben due volte, affermando che i numeri primi hanno le palle (due) e con il consiglio ai picciotti. Dal che si deduce che 1 non è primo.
Grazie per i suggerimenti sul software libero.

Bacio le mani
Gianfranco.
Pace e bene a tutti.
Gianfranco

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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Quelo »

Non pensavo di generare una discussione così corposa :shock:

Mi fa piacere che abbiate colto in pieno l'intento "colloquiale" della cosa, esprimendo le vostre opinioni e confrontandovi senza fossilizzarvi su definizioni convenzionali.

Naturalmente la discussione è aperta a tutti, soprattutto alle opinioni non ortodosse e perché no, anche alle interpretazioni grafiche (carica la margherita del primo-non-primo, che però ha un numero di petali definito, per cui il risultato finale può essere pilotato... :wink:)

Per quello che mi riguarda ho sempre pensato che il numero 1 fosse un numero primo, basandomi sulla definizione appresa a suo tempo che a memoria suona come "un numero primo è un numero divisibile solo per 1 e per sé stesso". Con questa definizione, se non si precisa che i divisori devono essere 2 e distinti, il numero 1 risulta tranquillamente un numero primo.
E così io pensavo, fino all'altro giorno, quando verificando ho scoperto che non era così (per lo meno non per tutti e non da sempre). Questo perché non mi sono mai posto il problema. Nella vita quotidiana, non capita spesso di applicare teoremi per i quali la primalità di 1 è un problema.
Comunque ci sono rimasto un po' male, più che altro per il numero 1, che pur avendo il suo status privileggiato di unità, rimaneva escluso dai blasonati numeri primi, tanto più che per farlo lo si deve specificare nella definizione.

Ci sono varie ragioni, più o meno di convenienza (tipo "perché complicarsi la vita visto che così com'é è più facile") per escludere il numero 1 dai numeri primi, la maggior parte delle quali a me sconosciuta, ma presumo che ci siano altrettanti sistemi per eluderle. Una delle più curiose rimane comunque quella secondo la quale, se 1 fosse primo, il Crivello di Eratostene non funzionerebbe (perché al primo passaggio verrebbero eliminati tutti i multipli di 1!), ma aspettate ... no, no, un momento ... ce l'ho sulla punta della lingua ... ancora un attimo ... ecco: E partire comunque da 2 no ? :roll:

Comunque sia io, dall'alto della mia ignoranza, voto SI', che il numero 1 sia un "primo" numero. :lol:
[Sergio] / $17$

Ivana
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Ivana »

Ringrazio Gianfranco e Quelo, per aver gradito la mia scherzosa animazione...
La vignetta di Gianfranco è divertentissima. Insomma, con la matematica abbiamo riso con piacere... :lol:
Quelo, ho rappresentato la mia animazione in modo da evidenziare, scherzosamente, l’”indecidibilità” :D ; la margherita, infatti, non viene “sfogliata”, per cui i petali restano e nella “ciclicità” del “tormentone” ci sono sempre esattamente 4 petali che segnalano 1 come numero primo e altrettanti petali che segnalano 1 come numero non primo…
Ho scelto 8 petali, essendo 8 un numero “fibonacciano”…
Comunque, sì, è possibile pilotare la scelta , in base al petalo di partenza, così si evidenzia molto bene come ognuno sia libero di scegliere la definizione ritenuta più adeguata agli scopi che si prefigge…
Infinito, io scelgo la definizione preferita dalla maggioranza dei matematici, nella consapevolezza che altre scelte di altri matematici sono altrettanto libere e lecite, purché non si cada, poi, in eventuali contraddizioni…
Insegnare matematica ci permette di sviluppare il gusto per la libertà...
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Daniela
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Re: 1 numero primo (pour parlé)

Messaggio da Daniela »

Ciao scusate sono appena tornata, ringrazio chi mi ha scritto e confermo a Ivana che ho ricevuto correttamente gli allegati, ora mangio qualcosa e in serata cerchero' di rispondere, cari saluti a tutt*, Daniela
Daniela
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