a me risulta che le definizioni piu' generali vadano nella direzione opposta a quella di definire "numero primo" l'elemento neutro del prodotto, ma forse sono limitata io. Penso pero' che io (e mi sembra anche altri) non abbiamo inteso nessuna delle motivazioni valide che tu dici di avere per definire "primo" un numero pieno di divisori (e' uno dei pochissimi (due) naturali ad averne infiniti... insieme al suo collega zero. Si' okkei sono tutti uni, ma ci sono e non puoi far finta di niente). [NOTA per eventuali studenti che leggono. Di solito con l'espressione "divisori dello zero" si indicano i fattori moltiplicativi non banali, e nei campi numerici consueti, N, Z, Q, R, C, non ce ne sono. Ad es nelle matrici nxn potete trovare degli esempi. Io parlavo del fatto banale che n*0=0 per ogni n, come da definizione dell'el. neutro della somma in un campo numerico o anche solo in un monoide o gruppo.]infinito ha scritto:Il concetto che mi pare io non riesca a spiegare è che non cerco di introdurre “artificiosamente” nuove definizioni, ma che le definizioni che usiamo sono spesso solo una parte di definizioni più generali, e che se si riesce ad assimilarle potremo avere altre energie per affrontare meglio situazioni più complesse.
perdonami tu, ma e' vero, anzi, ovvio che io "lo so gia' e cerco di dimostrarlo", e' cosi' che funziona la matematica. Persino gli animali per ragioni non del tutto comprese (forse legate alla struttura della retina) hanno il concetto di numero piccolo (tra 1 e 6-7-8 dipende dalle specie, e puo' aumentare leggermente con l'allenamento) e quindi la scimmietta sa bene che 3+2=5 e quello che io faccio e' solamente di costruire una struttura dove il tutto e' ben definito. Mi permetto anche di farti notare che se la tua definizione fosse davvero cosi' conveniente, sarebbe stata adottata in maggiore misura, e invece, non la usa quasi nessuno: pensi che la ragione sia che tutti gli altri non ci hanno mai pensato? o pensi che rifiutino la "nuova" definizione per ristrettezza mentale? o che la usino di nascosto ma che ci sia un complotto per non dirlo ai ragazzini a scuola? o che altro? dimmi tu qual e' la tua ipotesi....infinito ha scritto:Perdonami la critica, ma mi pare che tu non stia valutando se è logico quello che affermo io, ma che tu sappia già che “è sbagliato” e che cerchi di dimostrarlo.
Se l'ottica è questa non potrai mai accettare le mie idee.
Mi sembra che anche in questo caso parli di argomenti che non conosci e senza collocare le strutture nel contesto appropriato in cui si trovano a esistere. La figura di gesu' come descritto nei vangeli (dando quindi per buono che sia esistito eccetera) e' quella di un ebreo che si trova a vivere in giudea nel periodo storico dell'occupazione romana, poco prima della distruzione del secondo tempio. Abbiamo quindi come quadro legale di riferimento da un lato il diritto romano e dall'altro la legge ebraica ("halacha"). Non sono studiosa ne' dell'uno ne' dell'altra ma forse due parole le posso dire. Per quanto riguarda il diritto romano, l'ebreo gesu' non e' certamente un cittadino ("cives"). A lui non si applica il diritto dei codici e delle leggi con tutte le sue tutele dell'imputato (un impianto su cui il nostro stesso diritto in italia si fonda). A lui si applica lo ius gentium cioe' la prassi "naturale" di interazione con i popoli conquistati, e la prassi e' che una persona sgradita si puo' condannare a morte senza problemi e senza una specifica motivazione - e' successo a vercingetorige dopo la parata - e senza pastoie legali e procedurali e processuali. Per quanto riguarda la halacha, leggiamo nei vangeli che gesu' avrebbe ripetutamente violato in pubblico la legge ebraica (per esempio strappando delle spighe di Shabbat) e questo lo rende "chayav misa" cioe' passibile della pena di morte; sapendo questo - come in matematica - si passa alla formalizzazione e alla dimostrazione di come sappiamo gia' che si sono svolti i fatti. All'epoca di Gesu' il Sinedrio non decideva piu' casi in cui l'imputato era passibile di pena capitale, in quanto il paese era occupato dai romani e non si voleva entrare in conflitto con la loro autorita', e' quindi ovvio che - come peraltro anche i vangeli ci riferiscono - pur essendo chiaro che questa persona avrebbe dovuto essere processata - il sinedrio si sia rifiutato di ascoltare il caso e abbia rinviato l'imputato al governatore romano. Scusandomi ancora per l'OT che pero' non ho iniziato io, ci terrei a ricordare che quando funzionava il sinedrio (un tribunale di 71 membri, che oltre alla conoscenza della legge dovevano soddisfare precisi requisiti, dal padroneggiare lingue straniere all'avere almeno un figlio - mirati ad una conoscenza esperienziale e non per sentito dire della complessita' umana e della complessita' del reale) i giudici, dopo aver discusso, ascoltato i testimoni eccetera, parlavano - dal piu' giovane via via e quelli di maggior prestigio per ultimi, per ridurre la possibilita' di influenzarsi a vicenda - si giungeva al voto. Un imputato per il quale tutti e 71 i giudici avessero chiesto all'unanimita' la condanna a morte, sarebbe andato assolto. Perche'? Perche' se cosi' fosse, sarebbe palese ed evidente che un tribunale del genere abbia giudicato dalle apparenze e non abbia compreso a fondo il caso. Lascio giudicare ai lettori se le procedure legali che tu metti in ridicolo siano cosi' irrazionali e stupide come lasci intendere, specie se messe a confronto con la credibilita' della risposta religiosa "era una divinita' e quindi e' risorto dopo essere stato ucciso!" Ma torniamo ai numeri....infinito ha scritto:Per chiarire questo concetto faccio un esempio (che faccio spesso) che non credo sia uno di quelli che ti piacciono e che può essere considerato OT, ma è solo un esempio che secondo me è molto chiaro.
«Si legge nei Vangeli che al processo di Gesù si presentarono molti falsi testimoni, ma che non si trovarono d'accordo. Ora io mi chiedo: come fanno a non trovarsi d'accordo i falsi testimoni? Basta che si accordino per dire le stesse cose. Invece mi pare che dai testi si capisca bene il perché: non erano “falsi testimoni” nel senso che si intende generalmente noi (cioè non stavano dicendo quello che non pensavano, “il falso”), ma stavano cercando di provare che Gesù era colpevole. Questo non è il modo corretto di giudicare, di fatto avevano già condannato Gesù, e cercavano solo il modo di “farlo legalmente”. Da un simile processo non ci si può salvare.»
In tutta sincerita' l'unica cosa che mi hai chiarito e' che c'e' un po' di confusione, sono certa che si tratti di una svista, perche' naturalmente quanto scrivi e' totalmente sbagliato, "moltiplicare una volta" non significa moltiplicare "a*a" che e' una dizione che deriva dal fatto che si sta facendo confusione tra definizioni diverse, "moltiplicare una volta" e' una operazione unaria (che quindi ha una slot sola) gli operandi sono solo uno che in questo caso e' a, l'operatore moltiplica gli operandi e siccome ce n'e' uno solo non fa proprio nulla (possiamo definire la potenza nei reali positivi e toccarlo con mano se uno proprio non ci crede) e l'output e' uno solo (come ogni funzione che si rispetti) ed e' a. Quanto all'1 il nostro utile elemento neutro, non c'entra proprio nulla, anzi, per definizione di elemento neutro, se lo infili nella costruzione di un operatore, lo puoi cancellare ("rasoio di occam") e non se ne accorge nessuno.infinito ha scritto: Te lo chiarifico.
È sbagliata la dizione classica «a^n si ottiene moltiplicando a per se stessa n volte».
Ci si accorge facilmente dell'errore se ad n si sostituiscono i numeri 1 o 2, infatti moltiplicando 1 volta a per se stesso si ottiene a·a=a², e non a¹.
Allora come mai si tende a dire così?
Beh, la mia interpretazione è semplice: il concetto è come se si “partisse da 1, e poi si moltiplicasse, cioè:
È corretta la dizione “non classica” «a^n si ottiene moltiplicando 1 per a n volte».
Da questa definizione (che spero converrai sia intuitivissima) segue che
a²=1·a·a (l'ho moltiplicato 2 volte), a¹=1·a (l'ho moltiplicato 1 volta), a°=1 (l'ho moltiplicato 0 volte, cioè non l'ho moltiplicato).
infinito ha scritto: Questo, contrariamente a tutto quello che tu dici essere «una struttura mostruosa», mi pare che sia intuitivo per i ragazzi, perché “si vede bene” come funziona, almeno finché si rimane con prodotti di almeno 1 fattore.
Sì: anche a¹ non da problemi, mentre, “a sentir voi” dovrebbe darne diversi.
I problemi i tuoi ragazzi se li ritroveranno qualcuno al liceo scientifico (se lo frequentano) e gli altri all'universita' (se si iscrivono ad una facolta' scientifica) perche' il giorno che compiono una operazione interna tra gli elementi di due spazi diversi, gli viene scritto sul compito un voto molto basso, magari con un commento del tipo "e' privo del concetto di operazione", e non riescono neanche a capire il perche'. Non puoi sommare un numero in base5 e uno in base7 in maniera naturale, devi a tua scelta, o passare a N di cui quelle due sono rappresentazioni, o lavorare in un prodotto cartesiano (con due basi e' maneggevole) se vuoi costruire un algoritmo che per esempio macini in input le cifre di quei due, e ti calcoli una (o entrambe) le rappresentazioni della somma.
beh scusa la differenza intuitiva nasce quando "a^0=1" non e' uno slogan ma lo si calcola e si controlla anche passaggio per passaggio se esistono valori di a per cui l'espressione perde significato. D'altra parte se ci fosse una differenza intuitiva basterebbe il buon senso per orientarci tra quei calcoli (come milioni di bottegai analfabeti hanno sempre fatto e in misura minore continuano a fare) senza bisogno di studiare la matematica, dalla quale, se permetti, pretendo che insegni ai ragazzi un po' di discernimento, e non quello che gia' sapevano e che neanche gli viene dimostrato ma solamente enunciato (sperando che lo scrivano giusto).infinito ha scritto:Il problema nasce con il prodotto di 0 fattori, ma (SECONDO ME, nota bene), il problema nasce perché lo fate nascere “voi”.
Voi che dite che se a è diverso da 0 a°=1, altrimenti non ha significato , ecc. ecc.
Ma che diavolo di differenza intuitiva vuoi che ci fra il prodotto di 0 fattori uguali a 3 e il prodotto di 0 fattori uguali a 0?
infinito ha scritto: Chiaro che poi i ragazzi sono disorientati.
La “scienza popolare” nasce quando una verità e data per “pacifica”, cioè di da per scontato che sia vera. Può sembrare impossibile parlare della relatività alle medie o alle elementari, e lo è se vogliamo che i banbini capiscano “tutto”, mase passiamo i concetti “pratici” con semplicità non ci sono problemi.
La mia impressione e' che il disorientamento nasca quando ai ragazzi vengono insegnate delle cose errate - da parte di una persona che ha potere su di loro, per cui, non e' neanche facilissimo alzare la mano e dire "Professore quello che Lei scrive sulla lavagna e' non soltanto errato ma e' privo di senso".
infinito ha scritto: Tanto più nel caso di “prodotto di n fattori”, che è semplice e intuibile anche a livello formale.
Te lo chiarifico.
È sbagliata la dizione classica «a^n si ottiene moltiplicando a per se stessa n volte».
Ci si accorge facilmente dell'errore se ad n si sostituiscono i numeri 1 o 2, infatti moltiplicando 1 volta a per se stesso si ottiene a·a=a², e non a¹.
Allora come mai si tende a dire così?
Beh, la mia interpretazione è semplice: il concetto è come se si “partisse da 1, e poi si moltiplicasse, cioè:
È corretta la dizione “non classica” «a^n si ottiene moltiplicando 1 per a n volte».
Da questa definizione (che spero converrai sia intuitivissima) segue che
a²=1·a·a (l'ho moltiplicato 2 volte), a¹=1·a (l'ho moltiplicato 1 volta), a°=1 (l'ho moltiplicato 0 volte, cioè non l'ho moltiplicato).
E purtroppo quanto scrivi qui sopra lo conferma.
Purtroppo un uso della matematica "un po' a orecchio" senza ne' formalizzazione precisa ne' la sanissima curiosita' e onesta' intellettuale dei bambini "che cosa stiamo sommando? in quale spazio? che senso ha?" fanno si' che l'esistenza stessa del problema passa inosservato. Purtroppo questa e' quasi la norma nella scuola e purtroppo e' alla radice della sistematica eradicazione, appunto, della curiosita' e onesta' intellettuale che negli esseri umani e' innata.infinito ha scritto: Spero di essere stato chiaro.
Ovviamente nessuno può costringerti a cambiare idea.
Però tutti i cavilli e le mostruosità di cui hai parlato sono “roba tua”, io non ne vedo la minima necessità di introdurli (e non mi convincono nemmeno tanto ...).
infinito ha scritto: Io dico che sono concetti distinti “il numero” (per esempio il numero 5), e il modo di rappresentare quel numero (per esempio “5”, “cinque”, “five”, “V”, “101”, “3+2”, “il naturale prima di 6”, ecc.).
E io finora avrei parlato “dei numeri”.
Se ho fatto eccezione era per evidenziare che cambiando le basi si cambiava il modi di rappresentarli, da cui poteva variare l'essere o meno palindromi.
Certamente un numero non e' la sua rappresentazione ma non ha alcun senso parlare di proprieta' di palindromia al di fuori di una rappresentazione in base n. Nell'insieme dei numeri naturali in senso stretto, chiedersi se esistono numeri palindromi ha lo stesso senso di chiedersi se esistono numeri rossi.
qui non saprei proprio cosa risponderti, se non esprimere il mio personalissimo ma caloroso sentimento che a me le polemiche piacciono e di continuare ad attizzarne. La mia impressione e' che anche gli altri si stiano divertendo un sacco.infinito ha scritto: P.S.:
Dicendolo non vorrei fare ancora peggio, ma
spesso mi sembra di generare/fomentare polemiche, e non mi capita solo qui.
Io credo di essere in buona fede quando dico che propongo idee che mi paiono più che valide e ne critico altre che mi pare siano deboli o addirittura sbagliate,
che lo faccio in modo spesso impulsivo, ma che “generalmente” nutro altissima considerazione delle persone che le sostengono.
Però se facendo così si generano delle “tensioni” (polemiche, o simili) allora vuol dire che probabilmente non mi esprimo bene, o addirittura che il mio modo di pensare è “cattivo”.
Se mi sono espresso in malo modo con qualcuno chiedo scusa.
Sappiate comunque che probabilmente si è trattato più di forma che di sostanza.
a me questo approccio invece piace un sacco, soprattutto se li chiami "numeri di Gaspero" non tanto per noi che siamo vecchi matematici scassati, ma per gli studenti che magari si sentono un po' a disagio a orientarsi tra (numeri primi)_(def.1) (numeri primi)_(def.2) eccetera. A me piacerebbe che andassi alla lavagna la prossima volta che hai lezione, e che scrivessi quanto segueinfinito ha scritto:Forse anch'io non sono stato sufficientemente chiaro, cercherò di rimediare:
Per me i numeri primi sono i naturali che hanno esattamente due divisori.
Però è una definizione che "non mi piace", né come estetica, né come sostanza.
Tralascio il commento sull'estetica, ma non i piace la sostanza perché "a intuito" (col cuore, con l'istinto, ecc.) 1 ha uno status particolare, ed ha qualcosa dei numeri primi. Certo, è un'unità (elemento invertibile), ma non sto parlando di questo: a intuito la definizione non esprime "quello che sento" (cosa che invece fa quella di "prodotto di n fattori, con n naturale).
Quindi resto in attesa che da qualche parte (plausibilmente dal mio ben amato e molto stimato subconscio) sorga una definizione o una interpretazione della situazione che mi "aggradi".
Numeri primi: Un numero naturale p>1 e' primo se ha esattamente due divisori.
Numeri di Gaspero: un numero naturale e' gasperiano se vale 1 oppure se e' primo.
Dopodiche' ti rivolgi ai ragazzi e apri il dibattito. Per primo parlera' uno/a spiritosone/a che dira' che l'unica differenza e' che in un insieme c'e' 1 e nell'altro no. Ma poi piano piano la discussione prende quota, probabilmente qualcuno pensera' al crivello di eratostene e fara' notare che questo algoritmo utilizza i numeri di Gaspero, qualcun altro come ho fatto io protestera' che 1=1*1 e questo "non sta bene" come hai scritto tu in un messaggio e io due pagine piu' indietro, e poi pianopiano la discussione si sposta ai vari teoremi che conosciamo, qualcuno di loro richiederebbe la precisazione "numeri gasperiani >1" e qualcun altro funzionerebbe, purtroppo al livello dei tuoi studenti non mi pare che abbiano la possibilita' di utilizzare i numeri primi per costruire strutture nuove o per dimostrare teoremi (e sarebbe molto interessante vedere come una definizione puo' incidere pesantemente sull'efficacia di un ente che vogliamo usare come strumento per costruire nuove strutture o teoremi) in ogni caso e' comunque un'esperienza secondo me bellissima e secondo me che insegna un sacco su come cresce e si costruisce la matematica, e che spazza via ogni dubbio (anche per i ragazzi che non diventeranno matematici di professione, ma che comunque, ricordo, sono quelli che votano per i nostri contratti e per i fondi da destinare alla ricerca ecc ecc) sul fatto che la matematica possa essere una specie di catechismo che qualcuno, forse, ha scritto con intenzioni incomprensibili (o era uno scherzo come le teste del modigliani?) e che adesso tutti debbono studiarla a memoria e farne professione di fede e se uno si pone le domande giuste "che cos'e'? in che spazio vive? dove agisce l'operazione? su che cosa?" viene inesorabilmente bocciato, a meno forse di non farsele in clandestinita' nascondendo un quaderno e una penna sotto ad un giornale di "signorine" in bagno e senza fare parola con nessuno del proprio "vizietto" per la matematica. Almeno fino all'universita'. Scusate lo sfogo. Un caro saluto a tutt* e grazie della discussione.
Daniela