Un dubbio.

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Tino
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Un dubbio.

Messaggio da Tino »

Scusate l'eresia, ...

Cio' che segue e' solo un dubbio nato dalle mie riflessioni (se sei alle scuole medie ti consiglio di smettere di leggere, o comunque di non prendermi sul serio... per il tuo bene :) ).

Ma il teorema di Pitagora e' un teorema?

Mi spiego meglio: un teorema consiste di ipotesi e tesi. Per semplicita' distinguiamo un teorema da una tautologia, essendo questa una proposizione ove tesi e ipotesi sono essenzialmente equivalenti (diciamo pure equivalenti in modo "ovvio"). Partiamo ora da un piano affine P (... un piano).

1. Un triangolo e' una terna di punti (A,B,C) del piano con una terna di vettori B-A, C-B e A-C applicati ad A, B e C rispettivamente (... i lati del triangolo).

2. Un triangolo rettangolo e' un triangolo tale che almeno due tra i tre vettori nella definizione (1) siano perpendicolari.

Alt! Cosa significa che due vettori sono perpendicolari? Non bisogna forse introdurre un prodotto scalare (per porre poi che v e w sono perpendicolari esattamente quando il loro prodotto scalare e' 0)? Perche' il concetto di perpendicolare coincida con quello che conosciamo dobbiamo introdurre il prodotto scalare standard, (x,y)(z,w):=xz+yw. (come faccio a sapere che cosi' ho la ben nota nozione di perpendicolarita'? boh, io so solo che devo dare un significato a "perpendicolare"...) Dotiamo dunque il piano P di tale prodotto scalare.

3. Teorema di pitagora: dato un triangolo rettangolo, la lunghezza dell'ipotenusa...

Alt! Cosa e' la lunghezza? Dobbiamo definire cosa sia una lunghezza! Poniamo di definire norma(v)^2 := $v \cdot v$. (una a caso... bisogna comunque introdurne una, e' questo il punto...)

4. ... e' pari alla radice quadrata della somma dei quadrati delle lunghezze dei cateti.

Ma questo e' ovvio: basta esprimere la lunghezza di un vettore v (ipotenusa) usando le coordinate (i cateti). Devo concludere che il teorema di Pitagora e' una tautologia?

Vi ringrazio se vorrete espormi un ragionamento alternativo.

Quello che ho detto lo posso sintetizzare in poche parole: se doto il piano affine P (diciamo pure il piano standard R^2) di qualche altra metrica, per esempio la metrica di Manhattan (dove se non ricordo male la lunghezza di un vettore e' pari alla somma dei moduli delle coordinate), il teorema di Pitagora non e' (ovviamente) piu' vero!

Va beh, ciao :P (non smontatemi)
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Daniela
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Messaggio da Daniela »

Ciao Tino! :)
Penso che il tuo post andrebbe stampato su tanti foglietti e inserito in tutti i libri di scuola media insieme all'errata corrige :D

Io la vedo cosi'. Il teorema di Pitagora e' un'antichissima "sonda" che ci da' informazioni sullo spazio in cui "abita", o se vogliamo che discrimina gli spazi geometrici in tre categorie, quelli in cui e' valido, quelli in cui e' falso, quelli in cui l'enunciato non ha senso. Gli spazi in cui funziona sono una classe piuttosto vasta e importante per varie ragioni (varieta' differenziabili) e inoltre questo teorema ha avuto storicamente un'importanza cruciale nelle estensioni della geometria, e quindi lo si fa studiare alle medie (purtroppo in molti casi annoiando gli studenti che non capiscono che senso ha occuparsene, studenti che magari si divertirebbero a studiare il teorema di Jordan invece - a proposito qualcuno sa darmi qualche dritta su dover reperire Tau topologo che volevo leggere ai miei figli?). Che cosa ci dice il teorema di Pitagora? Intanto che lo spazio di cui si parla e' "sofisticato a sufficienza": c'e' una distanza e una nozione di perpendicolarita', e che questa e' quella giusta " che discende dal prodotto scalare. scrivo dopo perche batteria sta morendo :-)
Daniela
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Tino
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Messaggio da Tino »

Grazie Daniela per non avermi insultato :P (non so perche' ma ho l'impressione di essere un eretico).

Immagino di avere una opinione simile alla tua (se ho capito bene quello che hai voluto dire): quello che penso e' che spesso la gente pensa che la distanza sia una cosa intrinseca, che non abbia bisogno di formalizzazioni. In realta' ne ha (per quello che ne posso sapere...). Il problema e' che a questo livello, il teorema di Pitagora appare alla mia mente bene o male come "$x^2+y^2=x^2+y^2$". Questo non e' bello.
D'altra parte io credo fermamente che il teorema di Pitagora sia "vero", vero nel senso che se associo ad ogni lato di un triangolo rettangolo un contenitore quadrato pieno d'acqua il cui lato ha la stessa lunghezza e di un certo spessore fissato d, e verso nel contenitore ipotenusa l'acqua contenuta nei contenitori cateti, riempio completamente ed esattamente il contenitore ipotenusa.
Ma come si puo' dimostrare rigorosamente questa cosa? A questo punto io credo che sia impossibile, e che qualunque dimostrazione lasci per scontate delle cose che hanno in se' gia' la soluzione del problema, se non la sua dimostrazione (e si basano su essa per esistere...)... ovvero che qualunque dimostrazione sia puramente intuitiva.
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Messaggio da mathmum »

Daniela!
http://www.albamagica.com/index_file/Page1872.htm
Il libro è "Tau Topologo", io ne avevo uno stralcio di una paginetta, ora me lo hai fatto tornare in mente! Mi sa che saranno le uniche 2 copie comperate in questo millennio, ma anche secondo me ne vale la pena (se no che razza di matemamma sarei?)
ciao!
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...la vita è complessa: ha componenti reali ed immaginarie...

Gianfranco
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Messaggio da Gianfranco »

Caro Tino...
le tue riflessioni non sono eretiche, anzi...

(rispondo al tuo primo post anche se nel frattempo se ne sono aggiunti altri)

Io vedrei la cosa separatamente sotto due punti di vista: quello geometrico e quello numerico. Per poi unirli, naturalmente, se è possibile.
I compartimenti stagni, anche se deprecati, salvano le navi dall'affondamento!

Fra il teorema di Pitagora e il concetto di distanza in uno spazio vettoriale passano non meno di 2000 anni!

Dici:
Alt! Cosa e' la lunghezza? Dobbiamo definire cosa sia una lunghezza!
Partiamo dal numerico, moderno.
Definizione di distanza
Dati un insieme X e l'insieme R (numeri reali),
una distanza su X è un'applicazione D che associa un numero (reale) ad ogni coppia di elementi di X.
Tale numero d sarebbe per l'appunto la distanza fra i due elementi della coppia.

PERO' una distanza DEVE avere le seguenti proprietà:
1) deve essere sempre D(a,b) >= 0
2) deve essere simmetrica, cioè D(a,b) = D(b,a)
3) deve soddisfare la disuguaglianza triangolare, cioè D(a,b) = 0
2) deve essere simmetrica, cioè D(A,B) = D(B,A)
3) deve soddisfare la disuguaglianza triangolare, cioè D(A,B) <= D(A,C) + D(C,B)
4) deve soddisfare la condizione: D(A,B) = 0 se e solo se A coincide con B

Come si vede, NON COMPAIONO NUMERI. Una distanza si può definire anche senza stabilire unità di misura.

Infatti il teorema di Pitagora NON si esprime così:
"Teorema di Pitagora: dato un triangolo rettangolo, la lunghezza dell'ipotenusa e' pari alla radice quadrata della somma dei quadrati delle lunghezze dei cateti."
ma così:
Teorema di Pitagora: in un qualsiasi triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa e' equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti."

Come si vede, è un discorso puramente geometrico, totalmente svincolato dall'espressione numerica delle distanze e delle aree.


Poi venne Dedekind il quale ha stabilito che DEVE ESISTERE una corrispondenza biunivoca fra i numeri reali e i punti della retta.
Ha stabilito che R NON DEVE avere buchi e che il piano NON DEVE essere un colabrodo.
E allora abbiamo potuto collegare RxR al piano geometrico.

Ma attenzione: Dedekind ha stabilito queste cose con degli ASSIOMI e non le ha dimostrate con dei teoremi. Il processo è stato duro e laborioso, una vera avventura non ancora conclusa.

Nella scuola, purtroppo, questo collegamento viene dato come ovvio e automatico. Gli alunni sono addestrati a pensarla così, con metodi pavloviani!

Ma qui il discorso si complica...


Gianfranco

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Messaggio da Gianfranco »

...continua

Care Daniela e mathmum, grazie per la segnalazione di Tau Topologo.

Tino,

Hai scritto:
D'altra parte io credo fermamente che il teorema di Pitagora sia "vero"...

Ma come si puo' dimostrare rigorosamente questa cosa?
Provo a rispondere con la mia esperienza personale (e quindi discutibile).
Per me la matematica è soprattuto un esercizio di meditazione attraverso il quale si costruiscono dei mondi fantastici, che i matematici chiamano teorie. E' la versione occidentale e a noi più adatta degli esercizi Zen.

Non è assolutamente richiesto che le teorie siano "vere" (nel senso che descrivano esattamente il mondo "reale") ma è obbligatorio che siano "coerenti". Per il resto c'è assoluta libertà.

Di più: la matematica, anche volendo, non può stabilire se il teorema di Pitagora (e altri teoremi) è "vero" nel mondo "reale" in cui viviamo.
Bisognerebbe fare delle misure con una precisione assoluta, il che è impossibile.

Di più, se fosse possibile fare queste misure, magari scopriremmo che il teorema di Pitagora è vero solo in certi casi, perché la materia è fatta di atomi e quindi la continuità e l'incommensurabilità non esistono.

Ancora: magari il mondo "reale" non è pitagorico ma non ce ne accorgiamo perché ne misuriamo porzioni troppo piccole in cui è approssimativamente pitagorico.

Magari invece è pitagorico.

Queste risposte le possono dare i fisici, che la sanno lunga sul mondo e sulle misure.
Tocca a loro scegliere la teoria matematica più adatta.

Detto questo, il Teorema di Pitagora si può dimostrare rigorosamente nell'ambito di una teoria. Basta consultare gli Elementi di Euclide, Libro I, proposizione 47.

Gianfranco

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Messaggio da Jumpy94 »

Pantarei......come direbbe Protagora (...non Pitagora)...pantarei. Non sono uscito fuori di testa, ma mi ha attirato il sostrato filosofico di ciò che ha detto Gianfranco, da riassumersi quasi nel pensiero filosofico dei Sofisti, di Socrate e persino di Platone. Si, proprio perché "pantarei" significa "l'uomo è misura di tutte le cose", il ché la dice sull'interpretazione del Teorema di Pitagora....... In sintesi voglio dire che in questo sfuggente caos razionale (emblematico questo termine) quale la realtà, il Teorema di Pitagora non è ne vero ne falso, semplicemente una proposizione liberamente interpretabile da chiunque. Ma bisogna considerare che quell'aggettivo "Teorema" deve scindere questa proposizione dalla realta e riportarla nel suo luogo natale quale la nostra mente (la nostra anima per Socrate....il mondo delle idee per Platone....e chi più ne ha più ne metta) meglio intesa come parte razionale dell'uomo l'addove nulla è scontato e nulla è a caso, dove se una cosa non è dimostrabile con premesse razionali, è da considerarsi pura falsità. Quindi bisogna sempre vedere la matematica come un mondo a parte, un'iperurano, dove ciò che si mensiona è vero in senso assoluto, un modo dove splende sempre il lume della ragione.



Ciao.
Giampietro
Nardone.
Una vita senza ricerca
non è degna di essere vissuta.
Socrate

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Messaggio da Gianfranco »

Ciao Giampiero,
Urca! La filosofia per me è troppo difficile, perciò non ho capito quasi nulla del tuo discorso.
Mi permetto soltanto di fare qualche annotazione:

1) "panta rei" significa "tutto scorre" ed è attribuito a Eraclito

2) "teorema" è un sostantivo, non un aggettivo

3) hai scritto:
In sintesi voglio dire che in questo sfuggente caos razionale (emblematico questo termine) quale la realtà, il Teorema di Pitagora non è ne vero ne falso, semplicemente una proposizione liberamente interpretabile da chiunque.
Io preciserei così:
a) Il T.d.P., essendo un teorema, è VERO nella geometria euclidea.
b) Più difficile è dire se il mondo in cui viviamo è euclideo.

Ciao.

Gianfranco

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Messaggio da Tino »

Ritorno ora da una discussione ad argomento politico... Vediamo se una ad argomento matematico è risolvibile :P

Ho letto le prime definizioni degli Elementi di Euclide: http://aleph0.clarku.edu/~djoyce/java/e ... ments.html

1. A point is that which has no part.
2. A line is breadthless length.
3. The ends of a line are points.
4. A straight line is a line which lies evenly with the points on itself.
5. A surface is that which has length and breadth only.
6. The edges of a surface are lines.
7. A plane surface is a surface which lies evenly with the straight lines on itself.
8. A plane angle is the inclination to one another of two lines in a plane which meet one another and do not lie in a straight line.
9. And when the lines containing the angle are straight, the angle is called rectilinear.
10. When a straight line standing on a straight line makes the adjacent angles equal to one another, each of the equal angles is right, and the straight line standing on the other is called a perpendicular to that on which it stands.
...

Sono d'accordo che una volta accettate tali definizioni si può costruire una teoria. Il problema è accettarle. Qui sta il mio dubbio, o problema, come vogliamo chiamarlo: come potrei accettare definizioni del tutto intuitive come "un punto è ciò che non ha parte", "una linea è una lunghezza senza larghezza"? E poi... "un angolo è l'inclinazione formata da due linee che si incontrano"? ...Non riesco a vedere dove sta la definizione. Secondo me bisogna minimizzare gli atti di fede. Leggendo queste definizioni sono costretto a fare troppi atti di fede, nello sperare che le mie intuizioni di linea, punto, angolo corrispondano a quello che si vuole che siano.

...Non fraintendetemi, io credo che gli elementi di Euclide consistano di un'opera valida, e trovo le dimostrazioni molto belle e utili. Il problema è che non è una teoria economica: bisogna dare per scontate troppe cose, e il tentativo di essere rigorosi non è ai miei occhi mai sufficiente.

Il fatto che non mi piaccia una teoria siffatta implica inevitabilmente che il teorema di Pitagora mi suoni bene o male come una specie di "tautologia".

Per fare un altro esempio:

15. A circle is a plane figure contained by one line such that all the straight lines falling upon it from one point among those lying within the figure equal one another.

..."equal one another"? è qui, secondo me, che viene sottointeso che la distanza è una cosa intrinseca (cosa su cui, come ho detto, non sono d'accordo) e che vengono eluse tutte quelle belle cose come le trasformazioni affini, le isometrie, più in generale le relazioni di equivalenza, e via dicendo.

Di nuovo, scusate l'eresia.
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Messaggio da Jumpy94 »

Caspita che confusione ieri sera, hai proprio ragione Gianfranco, a quanto pare la filosofia per té è difficile ma ne sai "il linguaggio tecnico" :D . Tutto il resto è un mio pensiero che può essere interpretato in qualsiasi modo, come hai fatto tu, in fondo "siamo tutti filosofi"(C.Popper)*

Ciao!!

____________________________________________________________________
*
Spero di non sbagliarmi :D
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Daniela
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Messaggio da Daniela »

mathmum ha scritto:Daniela!
http://www.albamagica.com/index_file/Page1872.htm
Il libro è "Tau Topologo", io ne avevo uno stralcio di una paginetta, ora me lo hai fatto tornare in mente! Mi sa che saranno le uniche 2 copie comperate in questo millennio, ma anche secondo me ne vale la pena (se no che razza di matemamma sarei?)
ciao!
AAARRRRGGHHHHHHHH :roll: :( :cry: :cry: :cry: :cry: :cry:
esaurito al convegno del mese scorso a roma :cry: :cry: :cry: :cry: :cry: :cry: :cry:
forse ne faranno una "edizione digitale" (che credo significhi stampata da una stampante) prima della futura ristampa - io non demordo :)
grazie!
Daniela
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infinito
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Messaggio da infinito »

Intanto dico che l'intervento di Gianfranco mi è parso ineccepibile, chiaro, illuminante, e rigoroso.
Mi viene quasi male perfino aggiungere qualcosa (ovviamente “quasi” ..., perché farmi star zitto ...).

Però farei notare che non è equivalente la “versione numerica” della geometria introdotta con i vettori (che possiamo chiamare V) e quella introdotta da Euclide (che chiamo E), e (a mio parere) ancor di più quella assiomatica (che chiamo A).



Mi spiego meglio (almeno lo spero):

Una qualunque teoria T che verifichi gli assiomi della geometria euclidea deve verificarne anche tutti i teoremi che ne conseguono. In questo caso possiamo dire che T è “un modello” della geometria euclidea. E la geometria V (quella dei vettori) è solo un modello di geometria euclidea, non "la" geometria euclidea.



Quindi se dimostro il teorema di Pitagora in A, lo dimostro in un ambito totalmente diverso (molto più generale, ma “non solo”), mentre se lo dimostro in V faccio una dimostrazione “limitata”, “bruttina”, o, come dice Tino, equivalente ad una tautologia.



Devo comunque dire che, secondo definizioni che mi paiono accettabilissime, tutti i teoremi sono tautologie.









Poi vorrei anche far presente una mia interpretazione dei concetti di “assioma” e di “postulato”, che non so se è corretta, ma che è quello che io ho dentro. (nel seguito dicendo «Euclide considerava ...» intendo «Io penso che Euclide considerasse ...»).

Euclide considerava che gli assiomi fossero “verità evidenti di per sé”, quindi qualcosa di “intuibile”, comprensibile”, e, probabilmente “riduttivo”.
Gli assiomi sono invece proposizioni assunte per vere, indipendentemente dal fatto di averne avuto “esperienza” intuizione” o altro di analogo.
Il concetto diviene dunque «Una qualunque teoria che verifichi un insieme di assiomi deve verificarne anche tutti i teoremi che ne conseguono». Poi è possibile che non si sappia applicarla a nessun ente “concreto”, ma questo è praticamente ininfluente sulla validità della teoria.





Gianfranco ha scritto:Poi venne Dedekind il quale ha stabilito che DEVE ESISTERE una corrispondenza biunivoca fra i numeri reali e i punti della retta.
Ha stabilito che R NON DEVE avere buchi e che il piano NON DEVE essere un colabrodo.
E allora abbiamo potuto collegare RxR al piano geometrico.
Non so se è vero (vado “ad intuito”), ma non vedo dove è la necessità che la retta e il piano euclideo siano continui: credo che basterebbe (per “quasi tutto”) che la retta fosse in corrispondenza biunivoca con l'insieme dei numeri algebrici, invece che con quello dei reali, e analogamente per il piano (con le coppie degli algebrici).


Gianfranco ha scritto:Nella scuola, purtroppo, questo collegamento viene dato come ovvio e automatico. Gli alunni sono addestrati a pensarla così, con metodi pavloviani!
Continuo a confessare al mia ignoranza: non so che cosa significa pavloviani, ma dissento un po' su questo pòunto: non è che «Gli alunni sono addestrati a pensarla così», ma « Gli alunni sono addestrati a non pensarla», e se un tizio si sente di farne la critica si sente anche in dovere di dire «Scusate l'eresia, ...», «non so perche' ma ho l'impressione di essere un eretico», ...



Gianfranco ha scritto:Di più: la matematica, anche volendo, non può stabilire se il teorema di Pitagora (e altri teoremi) è "vero" nel mondo "reale" in cui viviamo.
Bisognerebbe fare delle misure con una precisione assoluta, il che è impossibile.
Se ben ricordo ci provò anche Gauss: per vedere se la geometria era euclidea cercò di misurare gli angoli di un gigantesco triangolo con lati formati da sottili raggi di luce che univano tre posti molto distanti della Germania: se la loro somma fosse stata maggiore di un angolo piatto allora la geometria che meglio lo descriveva sarebbe probabilmente stata quella ellittica, se minore di un angolo piatto quella iperbolica, se uguale ... beh: nessuna certezza. E così fu; però questo è un indizio che non è a sfavore della geometria euclidea ...

Gianfranco ha scritto:Di più: la matematica, anche volendo, non può stabilire se il teorema di Pitagora (e altri teoremi) è "vero" nel mondo "reale" in cui viviamo.
Bisognerebbe fare delle misure con una precisione assoluta, il che è impossibile.
Si, la matematica non può stabilirlo, ma uno può comunque pensarlo “per fede”.
Anche questo può sembrare (e anche esserlo) un'eresia, ma forse quando Euclide diceva «un postulato è una verità “evidente”» stava facendo anche un tale atto.




Gianfranco ha scritto:Di più, se fosse possibile fare queste misure, magari scopriremmo che il teorema di Pitagora è vero solo in certi casi, perché la materia è fatta di atomi e quindi la continuità e l'incommensurabilità non esistono.
il fatto che la materia sia fatta di atomi non impedisce di postulare che lo spazio sia euclideo, ma che la materia sia “corpuscolare”, un po' come possiamo studiare il sistema solare in uno spazio “fisicamente” continuo, nonostante i corpi celesti siano decisamente “grandi” per la sensibilità degli strumenti. Invece postulare uno spazio quantizzato ...


All'ultimo messaggio di Tino non rispondo (si fa per dire ...) visto la lingua (inglese).
Da quello che ho capito credo comunque di concordare molto: quelle definizioni non mi piacciono, e per i suoi stessi motivi: «"un punto è ciò che non ha parte", "una linea è una lunghezza senza larghezza"? E poi... "un angolo è l'inclinazione formata da due linee che si incontrano" »: che cosa si intende con "parte", "lunghezza" o "larghezza"? L'inclinazione è un angolo? (Nella mia mente no)
Ho idea (ma aspetto che chi è meno ignorante di, almeno su questo tema, smentisca o confermi) che queste definizioni ricalchino quelle originali di Euclide, mentre oggi si possono definire in modo “decente”.

Daniela
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Messaggio da Daniela »

«"un punto è ciò che non ha parte", "una linea è una lunghezza senza larghezza"? E poi... "un angolo è l'inclinazione formata da due linee che si incontrano" »??!!! Sono davvero incasinatissima ma.... non era gia' felix klein che aveva fatto notare che si puo' pensare ad un modello di geometria euclidea (e geometrie non euclidee of course) dove il piano ("osteria") ha enti geometrici "tavoli" e "boccali di birra"? :-D
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Messaggio da ZioGiò »

Vabbè, aggiungo anch'io qualche eresia :mrgreen:

Sono perfettamente d'accordo con Gianfranco, che ha fatto di sicuro una sintesi notevole di quello che la matematica è e di quello che la matematica può.
In particolare il discorso sulla necessità di coerenza e sulla non necessità di "realtà" (sempre che si riesca a intuire cosa sia :twisted:), concetto che credo sfugga o venga accantonato da molti studiosi (penso alle abberrazioni a cui la fisica è giunta, insistendo nel volersi distaccare così profondamente dalla sua natura sperimentale (tempi immaginari, 11 dimensioni, analisi 3 per gli orbitali...)). Ribadisco: la matematica è bella, divertente, emozionante, ma deve essere utilizzata con accortezza nelle applicazioni "reali", che spalancano sempre problemi inaspettati e imprevisti nel vellutato mondo matematico.
Non dimentichiamoci infine che i concetti cardine della matematica (ma anche della fisica e delle altre scienze) sono concetti filosofici (a parer mio gli unici concetti filosofici definiti in maniera un minimo coerente) e come tali non godono di un rigore assoluto. Pensiamo a energia, lavoro, infinitesimi, d.d.p. sono sì definiti, ma il loro significato "profondo", fisico, è ben altra cosa...
Non riesco a vedere dove sta la definizione. Secondo me bisogna minimizzare gli atti di fede.
Siamo tutti d'accordo. Ho paura che se però minimizzi gli "atti di fede" non riesci assolutamente a fare niente :mrgreen: E' innegabile che queste "definizioni" utilizzano concetti intuitivi e "irreali" ("Per 3 punti passa sempre una retta purché abbastanza spessa") ma non credo che le alambiccanti definizioni per spazi normati n dimensionali offrano qualcosa di più oggettivo... Insomma, i problemi "filosofici" di base, che spingevano euclide a definizioni intuitive, e i montati del neopositivismo a definizioni sempre più astruse e lontane dall'esperienza (forse più generali ma non per questo più soddisfacenti), restano invariati...

A questo punto al povero Gödel fischieranno le orecchie!

Scappo!
Saluti!

Z.
"Voi mi considerate un uomo sanza lettere, ma siete degli stolti perché le mie cose sono date dall'esperienza non dalle parole."
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Messaggio da Tino »

Grazie a tutti per gli interventi!

In particolare concordo con Gaspero sul fatto che ogni teorema, volendo, e' una tautologia.

Nel fare le mie affermazioni mi sento un eretico sostanzialmente perche' il teorema di Pitagora e' una di quelle poche cose che bene o male tutti conoscono (almeno per nome: penso alle domande da quiz tv del tipo "quello di Pitagora era un famoso..."). Ecco, asserire che non e' un teorema mi e' sembrato indicare troppa "pericolosa indipendenza", se cosi' si puo' dire.

Sono d'accordo (...mio malgrado) anche con ZioGio' quando dice che se uno minimizza gli atti di fede riesce a combinare poco. Dico mio malgrado perche' l'alternativa mi piace di piu', ma comporta un isolamento nel mondo del rigore assoluto e della diffidenza, e fa un po' perdere il contatto con la realta'.

Per quanto mi riguarda, giudico il teorema di Pitagora vero "ad honorem", e mi metto la coscienza in pace.

PS: Sapevate che etimologicamente matematica significa "acconcio all'imparare"?

:)
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